Gesù è “fuori di sé”

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Spunti di riflessione sul vangelo di domenica 9 giugno,  decima del Tempo Ordinario “B”. 
Il Vangelo è Marco 3, 20-35.
Per leggere i testi liturgici clicca qui

I parenti di Gesù lo cercano per riportarlo a casa. Sono convinti che i suoi comportamenti lo mettono al margine, vogliono farlo tornare nel nido rassicurante delle parentele note. La risposta di Gesù è tagliente. Non rinnega i legami di carne. Semplicemente li supera e li sublima. Non è il legame di carne che conta. È il legame con lui, il Signore, che dà senso a tutti gli altri legami.  

Satana e la tristezza

Gesù vive la sua vita impegnativa di profeta itinerante. I parenti non capiscono e vogliono riportarlo a casa. La tristezza un po’ mesta del “già noto” della famiglia e dei parenti sta di fronte ai gioiosi rischi della vita che Gesù ha intrapreso con le sue sorprendenti nuove “parentele”. Nello stesso tempo la novità di Gesù è demoniaca per gli ispettori farisei venuti da Gerusalemme. 

Queste coincidenze fra parentele, indagatori e demonio, fanno venire in mente un passaggio di Georges Bernanos che, nel suo romanzo “La gioia” accosta Satana alla tristezza. Parla Chantal, la piccola, giovane protagonista del romanzo.

Con Satana la tristezza è entrata nel mondo. Il mondo per il quale Gesù non ha pregato, il mondo che voi pretendete che io ignori, non è poi così difficile da riconoscere; preferisce il freddo al caldo, che cosa può trovare da dire Dio a coloro che inclinano da se stessi, per il proprio peso, verso la tristezza e si volgono d’istinto vero la notte?.

Le parentele nuove

Gesù supera le parentele conservatrici che vorrebbero portarlo indietro. Mentre supera le vecchie parentele annuncia con un guizzo di gioia le parentele nuove che il Vangelo, la “bella notizia” ha fatto nascere. 

La cosa, un po’, ci sorprende. Ma, forse non ci accorgiamo che è l’esperienza, soprattutto, di quando celebriamo i funerali. Chiamiamo “fratello, “sorella” nostro padre, nostra madre… In quel caso stiamo dicendo che il legame che costituisce tutti i legami è quello con il “Padre che sta nei cieli” che ci fa tutti fratelli. Sono fratello di mio padre, perché mio padre e io siamo tutti e due figli del Padre che sta nei cieli. Ed è quella paternità lì che salva anche il legame che mio padre ha con me e io con lui. Mio padre continua ad essere mio padre perché è figlio del Padre che garantisce la vita, che “salva” il nostro legame, che, invece, finirebbe per sempre, ora che lui se ne è andato. 

Forse è per questo che Gesù “guarda” i suoi amici (“girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui”, dice il testo), quasi a scambiare con loro il legame che li unisce a lui. Lo sguardo suo verso di noi rimanda allo sguardo nostro verso di lui: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”, dice il Vangelo di Giovanni (Gv 19, 37), quando parla della morte di Gesù. Guardati e amati da lui, sentiamo, a nostra volta, la necessità di guardarlo e di amarlo. “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. 

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