Così prega un antico fedele che ansiosamente ricerca il volto di Dio.
Da sempre l’umanità ha desiderato giungere fino a Dio per comprenderlo, incominciando da Mosè che aspira a contemplare la gloria dell’Onnipotente, ma “nessun uomo può vedere il volto di Dio e restare vivo” (Es 33,18.20).
Dio è l’altro per eccellenza, il diverso, l’irrappresentabile, e se Elia, Isaia o Paolo ricevono il dono della visione, non riescono a ridire l’indicibile..
Ma, quando nella “pienezza dei tempi” i cieli si sono squarciati, allora, “la gloria di Dio è apparsa in un uomo che noi abbiamo toccato con le nostre mani, che noi abbiamo visto, che abbiamo ascoltato” ( 1Gv 1,1).
Tuttavia Dio lo si conosce in pienezza e paradossalmente solo nel volto del Crocifisso: un volto umiliato, ferito, il volto di un fallito, rifiutato dagli uomini e da Dio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc15,14).
Ma Dio tace. Quindi Gesù non era il Messia e muore fra l’irrisione degli oltraggi.
Un rantolo e poi un grande urlo.
Non muore da eroe. Vale meno di Barabba.
Dov’è la gloria di Dio? Il suo trionfo? Il tre volte Santo?
Tutti si sono allontanati, gli apostoli, i discepoli, le folle…qualcuno l’ha tradito, altri l’hanno rinnegato.
I “suoi non l’hanno accolto”. I “suoi”, quelli che si sono installati nelle proprie sicurezze anche religiose.
Tutti si sono allontanati.
O meglio, qualcuno c’è: un anonimo soldato, un pagano: “Veramente costui era figlio di Dio” (Mc 15,39) e un delinquente crocifisso: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42).
Ma chi sono costoro?
Sono quei “puri di cuore” che Gesù aveva chiamato “beati”, a cui è stato annunciato il potere di vedere Dio. Gli inconsapevoli cercatori di Dio, i “poveri di Jahvè”, che non possono contare su se stessi, travolti dal male e calpestati dai propri simili. Gente lontana dal tempio, dalla Legge, dal sabato. Gente allo sbando, ma che misteriosamente nella Croce riescono a scorgere il trono glorioso.
E il delinquente crocifisso? Chissà, forse si trovava fra quei pastori che una trentina d’anni prima, erano stati svegliati dal coro degli angeli, e quel canto, a lui, era penetrato nel cuore e ogni tanto lo faceva sussultare. Poi il cantus firmus si era fatto nel tempo sempre più fioco fino a scomparire nelle traversìe della vita… Lui, che nelle lunghe peregrinazioni con il suo gregge aveva imparato nel buio della notte a scorgere la prima “stella luminosa del mattino”, a inebriarsi del “sole che sorge dall’alto”, ad ammirare nel deserto “i gigli dei campi”e i “fiumi nella steppa”. Aveva imparato ad allungare lo sguardo ad altri orizzonti, verso “cieli nuovi e terra nuova”.
E ora riconosce, nel Crocifisso, quell’uomo vissuto alla periferia dell’impero, che ama accompagnarsi a pubblicani e peccatori, che si fa baciare da una prostituta, guarisce nel giorno di sabato, proclama beati i poveri e i perseguitati, scaccia i venditori da tempio, parla di amore e vive di amore e, “mentre siamo ancora peccatori”, perdona e muore per noi.
Ed è così che il delinquente crocifisso ora avverte dentro di sé l’antico coro degli angeli e ne è travolto e nella Kenosis dell’Uomo rivede il volto di quel Bimbo avvolto in fasce.
“Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”.
“Oggi sarai con me in paradiso”.