Se ci si sofferma a pensare a ciò che sta accadendo nel mondo è inevitabile giungere alla stessa conclusione alla quale è pervenuto Albert Einstein. Le guerre continuano ad essere un fenomeno attuale mentre l’equilibrio del pianeta è sempre più a rischio.
In termini più metaforici potremmo affermare che stiamo segando l’albero sul quale siamo seduti. Abbiamo privatizzato le risorse naturali, dall’acqua alla terra, che invece dovrebbero essere beni comuni. E per averli siamo disposti a sottrarli agli altri, con distruzioni e guerre. Tutto si può comprare nel mercato globalizzato, ogni cosa è merce, anche gli organi umani dei poveri per i trapianti dei ricchi. L’unico “dio” davvero venerato universalmente è il profitto: siamo di fronte a un monoteismo materialista che surclassa ogni ideologia, laica o religiosa.
Il bilancio dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è di circa 2 miliardi di euro l’anno, cifra paragonabile alla spesa sanitaria annuale dei cittadini della provincia di Bergamo. Affinché l’azione dell’OMS sia realmente efficace e significativa bisognerebbe moltiplicare almeno per mille i fondi in bilancio, cioè 2.000 miliardi l’anno. Servirebbero risorse economiche maggiori per fare ricerca, per prevenire e fronteggiare le pandemie, nonché per portare uguali cure ai malati in tutto il mondo.
In definitiva, per garantire il diritto di tutti alla salute e alla vita, senza distinzioni né di ricchezza né di nazionalità. Per realizzare questo sarebbe necessaria un’imposta mondiale sulle ricchezze, un fisco sovranazionale di carattere realmente progressivo su tutti i patrimoni. Pare però che non sia all’ordine del giorno di nessuna istituzione planetaria.
Questa incapacità di intervenire in modo adeguato a livello globale purtroppo si osserva in tutte le istituzioni internazionali. Per realizzare la pace e la giustizia, per combattere la fame e la povertà, sarebbe necessario trasformare le attuali organizzazioni mondiali (prima tra tutte l’ONU, ma anche la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, L’Organizzazione mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura, ecc.) in vere istituzioni di garanzia.
Le quali, quindi, dovrebbero essere indipendenti dal controllo dei Paesi più ricchi, per poter attuare in modo concreto le finalità enunciate nei loro stessi statuti come la garanzia dei diritti fondamentali per tutti, la promozione dello sviluppo dei Paesi più poveri, la riduzione degli squilibri e delle attuali enormi disuguaglianze.
La Dichiarazione universale dei diritti umani assume significato e trova senso se questi diritti risultano di tutti, cioè uguali e indivisibili; altrimenti di fatto anche i diritti rischiano di diventare solo i privilegi di chi ha la forza di affermarli.
Questo ci riporta a una più ampia riflessione sul fatto che abbiamo stabilito regole per ogni cosa, ad eccezione di quella fondamentale: la casa in cui tutti abitiamo. Manca infatti una Costituzione della Terra, nella quale oltre ai principi, ai doveri e ai diritti fondamentali, siano stabilite efficaci istituzioni internazionali, con reale potere legislativo, esecutivo e giudiziario, con funzioni di garanzia attraverso una Corte Suprema Mondiale.
Oggi più che mai abbiamo assoluta necessità di organismi pubblici globali, che garantiscano a tutti gli abitanti del pianeta un servizio sanitario, un’organizzazione mondiale dell’istruzione, un demanio planetario che sottragga al mercato beni comuni come l’acqua potabile e protegga le foreste, i mari e i ghiacciai, il monopolio pubblico della forza in capo ad una polizia internazionale e la conseguente messa al bando delle armi e degli eserciti nazionali.
Tutto ciò sembra irraggiungibile. Riecheggia, osservando la storia attuale, la risposta al dilemma affrontato quattro secoli fa da Thomas Hobbes: la generale insicurezza determinata dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto di convivenza pacifica sulla base del divieto della guerra e la garanzia della vita. Questa si presenta oggi però con due differenze e aggravanti di fondo: la capacità distruttiva degli odierni poteri, che è incomparabilmente maggiore di quella nello stato di natura hobbesiano, e il carattere irreversibile delle devastazioni da essi prodotte.
In realtà ciò che accade è totalmente artificiale, prodotto dall’attività e irresponsabilità della politica e dell’economia globale. Le alternative sono possibili: sarebbero scelte basate sulla ragione e sul buon senso, sul nesso imprescindibile tra la salute degli umani e la salvaguardia del pianeta, cioè sugli interessi vitali di tutti.
È l’eterna lotta “naturale” tra l’intelligenza e la stupidità umana. Per il momento nella storia umana sembra prevalere la stupidità, ma anche su questa – diversamente da Einstein – ho ancora dei dubbi.