I 97 che hanno lasciato. La “nuova” Chiesa e i preti

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Abbiamo fornito alcune cifre sulla “crisi” dei preti
e degli abbandoni nei decenni più recenti della storia della Chiesa di Bergamo.
Abbiamo visto che le cifre fanno molto pensare e danno l’idea di una crisi profonda e, a prima vista, difficilmente reversibile

 

È possibile, a questo punto, tentare una qualche valutazione.

La ricchezza di ieri e la povertà di oggi

La crisi è pesante perché avviene a Bergamo, da sempre indicata come la diocesi nella quale la figura tradizionale del prete resisteva meglio che altrove. La crisi del presente appare dunque ancora più grave se paragonata con la situazione florida del passato recente. Il tonfo è più forte se si cade dall’alto.

Ma non è solo questione di numeri. È probabile, anzi, ipotizzare che sia proprio la floridezza di ieri la radice della crisi di oggi. Infatti. Quando si parla del cristianesimo tradizionale della diocesi di Bergamo se ne parla in termini di “cristianesimo tridentino”. Lo si chiama così perché quel cristianesimo trova la sua lontana radice nella riforma della Chiesa promossa dal Concilio di Trento, nel ‘500, in risposta allo scisma protestante.

Quel cristianesimo dà vita a una comunità cristiana, piccola, omogenea, ricca di riti e di tradizioni. E, al centro, il “suo” prete. Il prete è figura centrale di quella comunità e la comunità non si concepisce senza il “suo” prete. Tutti noi, noi soprattutto meno giovani, abbiamo vissuto quel tipo di comunità e ne abbiamo sentito e, dobbiamo riconoscerlo, gustato il calore.

Un mondo nuovo e una nuova Chiesa. Che deve ancora nascere

Solo che quella comunità non c’è (quasi) più. La comunità locale si è laicizzata, la sua vita prescinde dalla parrocchia, sono arrivati nuovi cittadini di altre religioni. E il prete non è più al centro. Potrebbe essere al centro di quel piccolo gruppo, ormai minoranza dappertutto, di quelli che “vanno in chiesa”. Potrebbe, ma lo spirito della società che sta attorno ha modellato anche la cultura della comunità cristiana. La quale chiede di non essere il protettorato di un prete unico responsabile, ma comunità rispettata e valorizzata nelle sue diversità.

Non solo, ma la Chiesa stessa ha recepito in buona parte quella cultura, l’ha messa in rapporto con il Vangelo e ha maturato la convinzione che la Chiesa è essa pure comunità, con ruoli diversi e diversificati. Ha riscoperto il valore dei laici e delle donne.

Il prete, a questo punto, se è al centro lo è soprattutto perché è al servizio di tutti. Anche per la parrocchia non è un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca, per usare il gioco di parole famoso di Papa Francesco.

Dunque, si sta rivoluzionando la fisionomia della Chiesa. Il prete che era la figura portante della Chiesa di un tempo sente acutamente lo scricchiolio del cambiamento. Lo sente più di tutti perché più di tutti rappresentava quella Chiesa e la nuova Chiesa chiede soprattutto a lui di cambiare.

Questo vale, forse, per la Chiesa intera. Ma vale in particolare per Bergamo. Qui il prete trionfava. Di conseguenza, il prete è quello che paga il prezzo più alto del cambiamento proprio perché nel recente passato era la figura di riferimento. La floridezza di ieri è la causa della crisi di oggi soprattutto per lui.

Questioni impegnative si impongono

Già nell’articolo pubblicato si ricordava la crisi del seminario. Anche qui, non è questone di numeri. O, per lo meno, non è soltanto questione di numeri. E’ possibile tenere in piedi una intera equipe di insegnanti di teologia per 27 alunni? I quali, probabilmente, diminuiranno ancora. Non solo. Ma è possibile tenere in piedi non soltanto un gruppo di insegnanti ma una struttura fisica enorme per un piccolo gruppo? Nel seminario potrebbero starci oltre cinquecento giovani. Ce ne sono, dalle medie alla teologia, una settantina. Ma poi, soprattutto, è ancora proponibile una struttura centralizzata per preparare i futuri preti?

Certo, i problemi complessi non possono essere risolti con trovate semplici. E soprattutto i problemi che, in maniera diretta o indiretta, toccano tutta la Chiesa chiedono a tutta la Chiesa in che direzione andare. Abbozzeremo qualche spunto di risposta – qualche spunto soltanto – nel prossimo, ultimo articolo sulla questione.

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