
C’è un capitolo della storia della Chiesa di Bergamo che è o dimenticato o rimosso. E si capisce. È quello che riguarda i preti che “hanno lasciato”, quelli cioè che, dopo aver attraversato una loro crisi personale, hanno deciso di mettere fine al loro servizio di preti nella Chiesa e hanno cambiato vita. Spesso si sono sposati, qualche volta con il permesso della Chiesa, qualche volta soltanto civilmente.
La cosa che, a prima vista, impressiona è il loro numero. Dagli anni ’60 – cioè da quell’evento cruciale che è il Concilio Vaticano II – ad oggi i preti della diocesi di Bergamo che hanno lasciato sono, stando ai dati attendibili di cui disponiamo, 97. Ci riferiamo ai vescovi più recenti che hanno retto la diocesi di Bergamo.
Durante l’episcopato Gaddi (1963-1977) hanno lasciato in 26. Durante l’episcopato Oggioni (1977-1991), 15. Durante l’episcopato Amadei (1991-2009), 27 e durante il corrente episcopato Beschi (iniziato nel 2009) hanno abbandonato in 21. I restanti 8 hanno lasciato durante gli episcopati precedenti.
Alcuni dati che permettono di valutare ulteriormente. Di tutti i 97 preti il più lontano di anno di nascita è del 1912 (ordinato nel 1934), un altro nasce nel 1914 (ordinato nel 1938) un altro nel 1921 (ordinato nel 1944), un altro nel 1922 (ordinato nel 1952). Quelli che hanno abbondonato negli anni più recenti – sempre stando all’elenco di cui disponiamo – sono nati nel 1987 (ordinato nel 2015), nel 1988 (2013), nel 1990 (2015).
Le cifre impressionano se si pensa che, quel numero degli abbandoni è molto vicino al totale delle ordinazioni degli ultimi 15 anni. È stato come se si fossero cancellati dalla storia della Chiesa di Bergamo gli ultimi quindici anni di ordinazioni sacerdotali.
Tuttavia, la cifra, forse, impressiona di meno se si pensa al numero dei sacerdoti che, in quello stesso periodo, hanno ricevuto l’ordinazione, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso. A partire dal 1963, primo anno dell’episcopato Gaddi, fino al 2021, i preti ordinati a Bergamo sono stati in totale 800.
Con questa distribuzione: 274 con Gaddi (media di 19, 57 ogni anno), 175 con Oggioni (12, 5 ogni anno), 269 con Amadei (14 ogni anno), 82 con Beschi (6,8 all’anno).
Il dato più vistoso che emerge da queste ultime cifre è il crollo degli ultimi anni. La percentuale ultima è meno della metà della precedente e meno di un terzo rispetto a quella iniziale di Gaddi.
Il dato più significativo è la percentuale dei preti che hanno “lasciato”. Con un calcolo sommario – tenendo conto che, come detto, alcuni hanno lasciato prima del 1963 – si può dire che la percentuale dei preti che hanno abbandonato rispetto ai preti ordinati si aggira attorno al 12 per cento. È una percentuale più alta rispetto a quella media dell’insieme dell’Italia che si aggira attorno al 10 per cento.
(Da notare che le cifre non sono da ritenersi esattissime, tenendo conto che non siamo in grado di avere la percentuale dello stesso esatto periodo di cui stiamo parlando, cioè 1963-2021).
Da notare che il calo – o, per meglio dire: il crollo – continua. Attualmente gli alunni dei sei anni di teologia sono in tutto 27. Così distribuiti: 3 in prima teologia, 6 in seconda, 5 in terza, 3 in quarta, 7 in quinta, 3 in sesta. Seguono “percorsi personalizzati” (alla fine dei quali decideranno se rientrare o lasciare) in 8.
La conclusione, dunque, è molto semplice. È vero che Bergamo sono stati ordinati molti preti, ma molti preti hanno lasciato. La facilità ad imboccare quella forma particolare di vita ha portato con sé la relativa facilità ad abbandonarla.
Da qui molte domande. Come spiegare un fenomeno così dolorosamente vistoso per la Chiesa di Bergamo? Quali le risposte non tanto teoriche ma concrete, pratiche da dare? In altre parole: questi dati suggeriscono cambiamenti significativi nel modo di fare oggi nella Chiesa di Bergamo?
Molte domande, difficili risposte. Cercheremo di dirci qualcosa, solo qualcosa ovviamente, in un paio articoli di prossima pubblicazione.
4 Comments
penso che sia solamente un periodo transitorio anche se di lunga durata le vocazioni riprenderanno almeno me lo auguro, molto dipendera’ dal rapporto che si instaurera’ con i fedeli in particolar modo con i giovani con iniziative sempre in ambito clericale ad un maggior coinvolgimento mettendo al centro dei dibattiti i loro interessi specifici aiutandoli ad introdurli ad un nuovo entusiasmo per una vita clericale
Ai 97 per poter leggere meglio questa crisi aggiungerei i sacerdoti vittime di bornout (depressioni e suicidi). Al di là del dato quantitativo, ogni numero racchiude una storia diversa: quali criteri per una ricerca qualitativa di questa crisi ?
È colpa della società in cui vivono, dove la vocazione per essere vissuta richiede un eroismo spirituale, che non è di tutti. Anche coloro che si professano cristiani hanno le stesse difficoltà.
Di questi 97 preti ne ho conosciuto almeno 10; anche questi mi hanno cresciuto e accompagnato, alcuni sono anche amici carissimi. Hanno in comune di essere delle gran brave persone, di aver incontrato una donna e di aver maturato un sentimento: una perdita enorme per la chiesa ma, con quali lacerazioni, ancora risorse per la società!
Non riesco assolutamente a capire perché la chiesa non li abbia “trattenuti”: mi sembra solo una “preoccupazione” storica fondato su una tragica visione del corpo, proprio in quella fede che ha fatto di “un corpo”il segno di “eterna alleanza”.