Un’esperienza unica. Mistica forse. Certamente straordinaria

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Un’esperienza unica. Mistica forse. Certamente straordinaria

Capita a Eric-Emmanuel Schmitt, noto scrittore e drammaturgo.
Succede dentro la basilica del Santo Sepolcro, a Gerusalemme.
Racconto affascinante in ogni caso.
Lo proponiamo qui in una nostra traduzione

Eric-Emmanuel Schmitt è uno scrittore, saggista, drammaturgo di origine francese, naturalizzato belga. Diverse sue opere sono state tradotte anche in Italia. Da pochi giorni è in libreria il suo ultimo libro. Titolo “Le défi di Jérusalem” (La sfida di Gerusalemme). Editore: Albin Michel. L’ho acquistato in formato e-book e l’ho potuto leggere immediatamente. Dovrei dire che l’ho divorato. Interessantissimo. Un punto cruciale del libro è la narrazione dell’esperienza che l’Autore ha vissuto nella basilica del Santo Sepolcro e, in particolare, quello che succede durante la visita al Calvario.

Lo scrittore decide di accettare, con un po’ di imbarazzo, i gesti che i fedeli fanno abitualmente. Si arrampica sulla scaletta che porta in cima a quello che è rimasto del Calvario. Tutto è coperto e nascosto da marmi, vi si trova un altare… L’autore vi arriva, guarda i fedeli che lo precedono, registra i gesti che si fanno e si prepara a farli a sua volta. “Mi devo adeguare?”, si chiede. “Sì, accetterò il gioco. In questo cattivo passaggio, l’ipocrisia e le genuflessioni mi offrono la migliore via d’uscita”.  E’ questione di pochi secondi. Gli inflessibili monaci ortodossi vegliano e altri fedeli premono. Ma succede l’incredibile.

“Mi inginocchio, mi piego in avanti e…
E…
Vengo afferrato.
Respiro a un tratto l’odore di un corpo.
Sento improvvisamente, fisicamente, vicinissimo a me, il suo calore.
Uno sguardo potente mi copre. Viene da là.
Trasalisco. Impossibile! Per sbarazzarmi da queste impressioni chiudo gli occhi, mi scuoto, respiro profondamente. Veloce, riprendermi.

Riapro le pupille. Lo sguardo punta sempre su di me, pesante, attento, teso nella mia direzione, inevitabile. L’odore si precisa: fremente, tiepido, è proprio l’odore di un umano, un effluvio di carne, di pelle, puro, senza profumi artificiali né aromi alla moda. E il calore emana da un essere che sta ad alcuni centimetri, una persona invisibile della quale percepisco la vita organica. 

Eccomi buttato fuori dal ruolo che mi preparavo a sostenere, dissociato dalla scena rumorosa nella quale mi trovavo, mentre i miei sensi, strappati dal mondo ordinario, si aprono a un’altra dimensione. Il tempo resta in sospeso. Qualcosa mi assorbe. O piuttosto qualcuno.

No! Inconcepibile.
Un’altra volta mi dimeno e nego l’evidenza. Aiuto!
Le mie narici e i miei occhi tentano di scovare delle cause ragionevoli all’odore, annuso, ispeziono il pavimento, i muri, le pareti. Inutilmente! Tutto lo rende ancora più intensamente reale. E virile. 
E per quanto riguarda il calore, ne cerco allo stesso modo la ragione, ma i miei rifiuti e le mie esitazioni accentuano acutamente la presenza del vivente che ho l’impressione di sfiorare. 

E per quanto riguarda lo sguardo posato su di me, non riesco a lottare. Mi fissa, mi irraggia, mi ausculta, mi trapassa, nulla di me gli sfugge e tuttavia, nello stesso tempo, mi avvolge di benevolenza.

Che cosa succede? Più mi dibatto contro il fenomeno, più questo si impone e annulla ogni resistenza.

Alla mia sinistra un monaco mi obbliga a sloggiare. Alza la voce, picchiandomi sulla spalla senza tanti riguardi. Gli obbedisco, troppo contento di fuggire da qualcosa che mi supera. 

Subito sulle gambe, vacillo, tremo in tutte le membra, il cuore si agita, la respirazione si blocca. Raduno le forze, per allontanami qualche metro, giro dietro una colonna gigantesca, mi ci aggrappo, scivolo, crollo. In ginocchio. In lacrime. Senza fiato. 

Dentro di me una frase ripetuta più volte: “No, non questo!”.
Sono esasperato! Detesto le sorprese e, di primo acchito, detesto questa. Qualcosa è entrato in me per effrazione. Sono stato violentato.

A poco a poco i singhiozzi di addolciscono. Il respiro si calma. I fremiti spariscono. E, del tutto all’improvviso, mi ribalto nella gioia. 
In un colpo solo. 
Nella gioia, corpo e anima. 
La gioia.
Che cosa? Un dono di questa grandezza… Per me?
Perché io? Non merito nulla di simile.
Perché un amore così grande?

(…)

Prostrato, mi abbandono al mio rapimento. 
Balbetto qualche ringraziamento, anche se continuo a farfugliare:
Perché un amore così grande?
Come pesa questo amore! Non ce la faccio a sopportarlo. 
Un amore così grande… Perché?
E la riposta piomba sul mio cuore e lo fa esplodere: 

Per amore. 

Un sensitivo che “sente” cose che pochi riescono a sentire? Un esteta che riesce a farsi suggestionare? Un credente che sente l’Altro vicino a sé?

Un evento straordinario, certamente. Ma non al punto di essere cancellato come evento.

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