“Ho visto il Signore”

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“Ho visto il Signore”

“Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva” (Gv 20, 11) - Tempera di Giuseppe Sala

Non c’è niente di più sterile di una tomba,
anche se si tratta di un mausoleo.
Tutto è finito.

Il sepolcro. Tutto è finito

Il corpo è inesorabilmente destinato alla decomposizione.

Come dare torto allora ai filosofi ateniesi quando Paolo iniziò a parlare della risurrezione? “Su questo argomento ti sentiremo un’altra volta” (At 17, 32).

D’altronde i racconti della risurrezione non hanno niente di prodigioso, di spettacolare. Anzi, non c’è racconto, perché nei Vangeli il Mistero si presenta come assenza, tomba vuota, panni abbandonati.

Nessuno ha visto risorgere Gesù. Il quarto Vangelo per tre volte riferisce la delusione di Maria di Magdala “Hanno portato via il Signore”.

Il sepolcro è vuoto.

Anche i discepoli di Gesù, che pure avevano condiviso con lui intensi anni di vita terrena, si trovano del tutto impreparati all’evento del “terzo giorno”.

Tanto il tradimento di Giuda, quanto il rinnegamento di Pietro, la fuga di tutti gli altri e la paura delle donne, sono comprensibili.

Le speranze sono sfumate.

Gesù non è l’Unto di Dio.

Tutti si allontanano o si rinchiudono nel cenacolo in attesa di tempi migliori.

La Maddalena, innamorata e audace

È Maria Maddalena quella che per prima, secondo il Vangelo di Giovanni, va al sepolcro “di buon mattino quando era ancora buio” (Gv 20, 1).

È una donna forte, innamorata, anticonvenzionale, che si mette in cammino, sola, di notte. Una donna segnata da una ricerca amorosa, come il caso della donna del Cantico, e dal desiderio di trovare una spiegazione.

Alle donne è stato spesso associato un ruolo di casta ubbidienza, di silenzio ossequioso. Ma il loro ruolo nella Scrittura è ben diverso. Sono donne audaci perché audace è l’amore che cercano e l’amore non conosce vincoli e ostacoli.

Maria sta lì, fuori dal sepolcro vuoto, e piange. Un pianto di sconcerto, di sbigottimento…

Avrebbe voluto vedere il corpo di Gesù, toccarlo, ungerlo, baciarlo. Non si rassegna all’assenza, non la sopporta perché, come la giovane del Cantico “io sono per il mio amato e il mio amato è per me” (Ct 6, 3).

Non può essere tutto finito.

È il tema dell’assenza, ciò che rimane misterioso, il non mai definitivamente raggiunto, quello che i mistici chiamano la notte oscura e che sfugge alla presa della ragionevolezza.

L’esperienza pasquale non è la luce abbagliante che risolve le nostre incertezze, ma è uno spiraglio luminoso che ci fa intravedere l’abisso dell’amore di Dio.

Si apre un nuovo orizzonte

Ed è proprio per questa sua lunga fedeltà all’amore, anche quando non capisce, per questo “rimanere nell’amore”, che si aprono gli occhi della fede e lei riconosce la voce “Maria!”

“Rabbunì!” Maestro mio.

Si apre un nuovo orizzonte.

Gesù non la trattiene per sé, e non la rinchiude in se stessa, assorbita dai propri sentimenti, invece indica un’uscita, nell’obbedienza alla Parola.

“Non trattenermi, ma va’ dai miei fratelli e annuncia il Risorto” (Gv 20, 17).

“Va”, il verbo della missione, quello con cui ha inizio la storia della salvezza, che richiede un’uscita da se stessi e dalle proprie pretese, per vivere nello spazio di un amore gratuito e preveniente di Dio.

La Maddalena diventa “apostola”

Allora, come Maria era corsa di notte al sepolcro, ora, che è giorno, e c’è la luce della fede, corre ad annunciare “HO VISTO IL SIGNORE”.

Non può tenere per sé la rivelazione ricevuta, deve parteciparla, farsi “apostola”, aiutando gli altri a liberarsi dalla paura e dalla delusione.

Non sappiamo come la discepola prediletta abbia poi vissuto nella terra da quel momento.

Ma questo per noi non è essenziale e il Vangelo è sempre molto sobrio.

Sappiamo che nel giardino della risurrezione è avvenuto il miracolo dell’Amore.

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