Giuseppe a Betlemme

I pastori a Betlemme
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Maria a Betlemme
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Costruiamo il presepio. Oggi
Il testimone silenzioso.
Lo sposo e il padre capace di amore forte e maturo.
Le nostre fatiche a essere padre e a diventarlo

Quando leggiamo i Vangeli, scopriamo che Giuseppe non pronuncia una sola parola. Troviamo chi parla di lui o con lui. 

Si parla di lui. Lui non parla mai

Mt 1,16 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Mt 1,18 Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.

Mt 1,19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

Mt 1,20 Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;

Mt 1,24 Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa;

Mt 2,13 Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

Mt 2,19 Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto.
Lc 1,27 …a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

Lc 2,4 Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide.

Lc 2,16 Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
Lc 3,23 Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli.

Lc 4,22 Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Gv 1,45 Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret».

Gv 6,42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?».

Si parla di lui, quindi, solo per genealogia, per le sue scelte e perché si parla di Gesù e lui ne è il padre. Eppure, in queste poche righe, si scopre la fede incrollabile di Giuseppe, che si fida delle parole di un angelo apparso in sogno. Si scopre il suo amore profondo per Maria che gli fa superare ogni tradizione e legge.

I suoi silenzi e le sue opere “parlano”

Su Giuseppe sono stati scritti libri interi, l’ultimo che ho letto “Giuseppe siamo noi” di Johnny Dotti e Mario Aldegani. Dunque, si può dire molto anche di chi non dice niente. Il silenzio di qualcuno è tremendamente pieno di significati, perché invece delle parole, parlano i suoi fatti. 

Fatti che soprattutto oggi parlano di un amore vero. È l’amore di un uomo libero, libero di scegliere in una società che impone regole, perché capace di distinguere ciò che è il bene dal male. Giuseppe è un uomo “giusto”. È ebreo Giuseppe, ha nel cuore la Bibbia, la conosce. Conosce le leggi che sono andate ben oltre, da ciò che Mosè ha avuto in consegna da Dio stesso e decide di obbedire alle parole di un angelo, che gli rivela qualcosa di incredibile, che diventerà padre sulla terra del Figlio di Dio.

È già una cosa complicata e strana da scrivere. Ci vuole davvero una fede grande e consapevole, un amore profondissimo, per superare i tormenti che una decisione così provoca. E coraggio. Il coraggio di accettare che un figlio non è tale solo perché ha i tuoi cromosomi, che la vita che ti aspetta non sarà una semplice passeggiata e che le tue aspettative saranno completamente ribaltate.

Aveva deciso, Giuseppe, per un matrimonio, per una famiglia dove generare figli propri, dovrà scegliere di essere padre di un bambino non suo, di aver fiducia nella donna che accoglierà nella sua casa. Non solo continuerà ad amare Maria, ma continuerà a proteggerla in futuro e Giuseppe amerà, veglierà e crescerà quel figlio non suo, facendosi guardiano e garante con Dio di quella Famiglia.

È un gigante Giuseppe, come Davide contro Golia, ha un cuore enorme, capace di accogliere con fede e affrontare il mondo con le semplici mani di un falegname.  

Ci sono padri che non sanno fare i padri

Da molti anni psicologi ed esperti vanno ripetendo che i padri hanno perso la loro identità, sono sempre più fragili, non riescono a prendere decisioni che prospettano scelte definitive. I giornali e la tv ci riportano sempre più spesso storie di alcuni uomini violenti, di altri che non sanno accettare un abbandono, di altri ancora che spengono la vita di chi hanno detto di amare, addirittura dei propri figli.

La tentazione di dire che molti uomini non sono pronti, non solo ad amare profondamente, tanto da voler costruire una famiglia, ma soprattutto a diventare padri, è grande. Manca la voglia di abbandonare le serate con gli amici davanti a qualche birra, la casa dei genitori che permette di risparmiare i soldi dell’affitto e la necessità di arrangiarsi con i lavori domestici.

Spesso, troppo spesso, ci si nasconde dietro a lavori precari e ogni piccola difficoltà diventa una buona scusa. Tutti, ma proprio tutti, hanno il telefonino, magari l’ultimo modello di iPhone e molti invece di investire nel futuro preferiscono l’happyhour, la moda, il fine settimana al mare. E l’amore diventa possedere l’altro. Sempre meno, la coscienza viene ascoltata, i sentimenti educati, le scelte fatte con consapevolezza.

Ci sono figli che trovano la forza di diventare padri

Ma, non si può generalizzare, molti ragazzi sono saggi, si impegnano negli studi o nel lavoro, magari faticano a trovarne uno che dia un po’ di sicurezza per il futuro. Sono bravi ragazzi, con sani principi e fiducia nel futuro, con coraggio affrontano le difficoltà quotidiane e sanno donare amore alle loro compagne, credono ancora in promesse fatte “per sempre”. Ragazzi che hanno fede, magari anche quella che si discosta un po’ dal catechismo, e sono generosi e vogliono ancora costruire un mondo migliore. Fanno sicuramente meno rumore nel mondo, vivono un po’ nel silenzio di Giuseppe, quello che non riempie i giornali e le tv, ma si rimbocca le maniche.

Ai genitori, alla scuola, alle istituzioni e alla chiesa, manca la voce per arrivare ai nostri ragazzi; con il loro linguaggio, con vicinanza, accoglienza, esempi da seguire. Voci forti, sicure, guidate dall’amore che è impegno, passione, presenza. Dobbiamo imparare a crescere uomini e padri, non offrendo loro tutto ciò che vogliono, ma insegnando loro a saper scegliere ciò che è davvero necessario, ad avere il coraggio di aprirsi all’altro e donarsi senza riserve.

Magari, raccontando loro di Giuseppe, quella statuina che i bambini mettono nel Presepe e quasi sempre si appoggia ad un bastone, ma da subito protegge il Figlio di Dio.   

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