Quando ci si trova di fronte a notizie del genere, si cerca di capire. Monia Bortolotti era nata in India nel 1996. Era stata adottata ed era cresciuta come figlia unica. Il suo compagno ha 25 anni più di lei. Da settembre, quando la donna è stata sottoposta a indagini, ha lasciato il compagno ed è tornata a vivere con il padre e con “la nuova compagna” di questi.
Monia, la mamma, è tornata dal padre: è tornata a fare la figlia, più che continuare a fare la madre e la moglie – o la compagna
Così, a occhio e croce, mi pare che sia la storia di rapporti forse buoni ma, probabilmente, variabili, non stabili: una solitudine non veramente, non definitivamente vinta. Le emergenze della vita si superano non con rapporti qualsiasi, ma con rapporti che durano, perché, durando, permettono di traghettare da un dolore a un altro. Monia ha ucciso Alice, ma non ha trovato legami forti e stabili che le permettessero, almeno, di fermarsi lì, di non andare oltre. E invece è andata oltre. E quando ha ucciso anche Mattia è tornata dal padre: è tornata a fare la figlia, più che continuare a fare la madre e la moglie – o la compagna.
Lo stesso motivo che ha addotto per “giustificare” i suoi omicidi è drammaticamente significativo: non riusciva a sopportare il pianto dei bambini. Il pianto dei bambini è il grido, spesso disperato, esagerato, per chiedere da mangiare, da bere, per avere coccole… Quando i bambini piangono bisogna prenderli in braccio, dargli il ciuccio, cullarli. Insomma: bisogna fargli capire che c’è qualcuno. Se non capiscono che c’è qualcuno piangono ancora di più e chi li sente soffre per quel pianto, cerca di aumentare le distanze per non sentire gli strilli. Ma le distanze più grandi fanno piangere ancora di più i piccoli. E’ un drammatico circolo vizioso.
Quando i bambini piangono chiedono vicinanza. E più la vicinanza manca, più piangono
Se così fosse avvenuto, le distanze di Monia da Alice e da Mattia, hanno reso i bambini ancora più disperati e disperanti. Anche perché la solitudine dalla quale loro gridavano finiva per rendere ancora più drammatica la stessa solitudine di Monia. I bambini strillavano e lei ha imboccato la strada più corta per farli tacere ed evitare che i loro strilli diventassero un’accusa per lei.
Sarà avvenuto così? Non so. Ma mi pare necessario chiedermi che cosa è capitato e ipotizzare che qualcosa deve essere per forza capitato. È capitato, purtroppo. Perché di fronte a due bambini soffocati diventa necessario farsi delle domande. Per non soffocare a nostra volta.
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Lizzola