“Le mezze misure non servono. Bisogna ragionare sull’abbassamento dell’età per la perseguibilità penale. Oggi un ragazzo di 16 anni è in grado di distinguere il bene il male”. Così Vincenzo de Luca, presidente della Regione Campania, a commento del grave fatto di Caivano. De Luca, si sa, non ama le mezze parole e l’ha dimostrato anche stavolta. Stiamo a queste semplici affermazioni e lasciamo stare le altre. Ne ha dette molte altre, infatti, il loquacissimo Presidente.
Intanto, un’impressione generale: bisogna decidere, dice di fatto De Luca: “le mezze misure non servono”. Il cipiglio del Presidentissimo lo conosciamo. In effetti, quando un politico vuole convincersi di essere un politico e vuole soprattutto convincere i propri elettori, proclama che bisogna decidere. Poi, magari, si vede che è difficile decidere, ma dire che bisogna decidere è facile o lo si dice.
Quello che qui viene invocato è, però, la “perseguibilità penale” abbassata ai 16 anni di età. Imbarazzante, decisamente imbarazzante. Se c’è una costante negli atteggiamenti educativi di molte famiglie, della stessa scuola, e talvolta della stessa Chiesa, è la tendenza a giustificare a oltranza ragazzi e giovani. Dai genitori che fanno causa agli insegnanti per difendere i propri figli, alla scuola che “manda avanti” un sacco di studenti che non studiano, ai giudici che difendono a oltranza i ragazzi contro il mondo adulto… E’ una diffusa diseducazione al senso di responsabilità. I ragazzi, da parte loro, hanno capito molto bene che è quasi sempre possibile farla franca.
E, tanto per stare al fattaccio di Caivano, sommessamente, domando: nel mondo complicato e affascinante della sessualità c’è ancora qualcosa di proibito? La sensazione è che l’unica cosa proibita è la violenza. Se l’altro o l’altra è d’accordo, è cosa buona e giusta procedere. Ma, prima della violenza, è tutto consentito? Un genitore non ha nulla da dire se suo figlio adolescente ha dei regolari rapporti sessuali con la sua amica? (I 17 anni, si legge, stanno diventando la soglia “normale” dei primi rapporti sessuali).
E allora, che fare? De Luca non ha dubbi. Se i ragazzi non sono in grado di pagare per quello che fanno gliela facciamo pagare noi. Le istituzioni sociali, la giustizia in primis, si sostituisce alle varie figure e alle innumerevoli agenzie educative che non educano. Sostituiamo la mancata educazione alla responsabilità, con una legge che punisce l’irresponsabilità. Una bella scorciatoia ma, insieme, una splendida, chiarissima dichiarazione di fallimento.
Arrivati a questo punto, sento l’onesto dovere di chiedere che cosa fare. Devo essere onesto: non so esattamente cosa fare. So abbastanza chiaramente quello che non si deve fare: non si deve fare quello che propone Vincendo De Luca. Ma, appunto, non so, poi, di positivo cosa si deve fare.
Con un ultimo dubbio, anzi: con una speranza: che il non sapere cosa fare sia soltanto una carenza mia. Che non sia invece la spia di una intera società che non sa più che regole dare, che educazione fornire, che dice semplicemente che soprattutto nel sesso si è liberi, che tutto è consentito: basta essere d’accordo.
Perché se fosse questa la ragione, ci sarebbe da temere – dichiaro che è un mio personale, rigorosamente personale parere – che siamo davvero arrivati a un inarrestabile, definitivo crepuscolo.