Resistenza e resa. Il coraggio del no al nazismo

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Si è parlato molto di nazismo e di olocausto.
Alcuni cristiani hanno avuto il coraggio di dire no alla dittatura.
E hanno pagato con la vita

Mi rendo conto che quello che scrivo qui possa apparire anacronistico. Il contesto politico e ecclesiale di oggi non ha niente a che vedere con quello che hanno vissuto i martiri nell’orrore del terzo Reich.

In realtà, anche dopo quasi ottanta anni, il luminoso esempio di uomini e donne che sono morti in nome della dignità e della verità dell’uomo, alla sequela di Gesù morto in croce, continua a porre ai cristiani domande e riflessioni che aiutano a maturare la propria umanità nella fede.

Germania, Hitler e Karl Barth, teologo

L’ambiente è la Germania; il periodo storico è la prima metà del 900, dal 1933 al 1945; il contesto è la presa del potere da parte di Hitler con le conseguenze per la vita della chiesa.

Come in ogni dittatura il problema religioso ben presto diventa un nodo rilevante tanto che si fa di tutto per incardinarlo nel sistema.

Ora, se per quanto riguarda la chiesa cattolica, lo strumento più adatto sembrò quello del Concordato. Con la chiesa protestante si tentò una conquista dall’interno con la formazione dei “cristiani tedeschi” desiderosi di dare una verniciatura cristiana all’ “ora storica” interpretata dal Führer.

A questa volontà di nazionalizzare la chiesa, si contrappose la “chiesa confessante”, preoccupata di venire fagocitata dal sistema, perdendo la sua identità.

È appunto in questa situazione che si chiede a Karl Barth, grande teologo dell’Università di Bonn, di prendere ufficialmente posizione.

Tutti aspettavano qualcosa di sensazionale. Lui scrive solo un libretto, poco più di un opuscolo: ” Esistenza teologica oggi”, in cui sostiene che è inutile addentrarsi in ragionamenti e discussioni.

Basta il Crocifisso, immagine di una fede incarnata

È sufficiente il Crocifisso. Lui è l’immagine, l’icona, di una fede incarnata e questo è oggi il compito della teologia, con il dovere di testimonianza, perché

Il cristianesimo è per se stesso politico e il Crocifisso è una denuncia che indica uno spartiacque. Bisogna scegliere da che parte stare.

È quello che Paolo chiama “la Parola della croce” che trova la sua verità là dove si sperimenta il fallimento della volontà di potenza.

Barth contrasta il regime attraverso il Vangelo, arrivando a un’essenzialità di argomentazioni di chi ha sostato a lungo nella Scrittura e, evitando scappatoie, ne ha capito il senso profondo.

È un richiamo alla responsabilità della Chiesa, che consiste nel predicare fedelmente il Vangelo, sine glossa, senza sconti.

No a una Chiesa disincarnata. Una Chiesa capace di proclamare e vivere il Cristo, è anche una Chiesa che sa essere presente in maniera critica e costruttiva in mezzo agli uomini.

Questo per dire che ciò che importa per un cristiano è il fondamento delle sue azioni, e questo Barth l’ha capito e l’ha vissuto tanto che per quel fondamento è stato prontamente  “messo a riposo” dall’Università, espulso dalla Germania e rimandato nel suo Paese, la Svizzera.

Dietrich  Bonhoeffer, Edith Stein e altri testimoni: la “parola della Croce”, fino alla morte

Così, sempre nella stessa area e nello stesso tempo, Dietrich  Bonhoeffer, pastore luterano e teologo, proprio sul “fondamento”, la “Parola della croce”, baserà il suo ministero, il suo insegnamento, la sua vita, fino alla prigione e alla morte.

Dopo un periodo di lotta interiore, combattuta davanti a Dio, a Bibbia aperta, passerà da uno strenuo pacifismo, alle fila della resistenza, infiltrandosi nei servizi segreti per tessere rapporti fra gli Alleati e la Resistenza tedesca fino a partecipare a una congiura (fallita) per assassinare Hitler. Arrestato nel 43, venne impiccato il 9 aprile del 45.

Le sue ultime parole:

È la fine. Per me l’inizio della vita.

Due teologi, due studiosi, due uomini di Dio, che hanno saputo mettere in discussione la loro fede di fronte a Cristo, nella terribile epoca della guerra, della dittatura, dello sterminio sistematico, per smascherare quella “grande mascherata del male”, capace di mandare in frantumi ogni valore su cui si radica l’umano.

E non posso non ricordare quel contadino austriaco, cattolico, padre di tre figli, Franz Jägerstätter, messo a morte nel 1943, per aver rifiutato ogni tipo di collaborazione con il regime nazista, lui che ogni giorno, insieme alla moglie,  meditava la Parola.

…una presa di coscienza e di responsabilità, altrimenti valori come pace, giustizia, solidarietà, rimangono parole vuote

Parola che è carne e che chiama a una presa di coscienza e di responsabilità, altrimenti valori come pace, giustizia, solidarietà, rimangono parole vuote, tanto da diventare inoffensive

Poi il gruppo della Rosa bianca, il movimento della Baviera, dove studenti universitari cristiani, sia protestanti che cattolici, furono messi a morte, ghigliottinati nel febbraio del 43, per aver combattuto la dittatura nazionalsocialista con una forma di resistenza passiva, non violenta.

Infine due donne, due ebree, diversissime fra loro.

Una Edith Stein, tedesca, proveniente da una famiglia di ebrei ortodossi,  studiosa, assistente del filosofo Husserl, poi convertita al cattolicesimo fino a diventare monaca carmelitana. 

L’altra, olandese, colta, di formazione laica, perviene a un misticismo che si alimenta  con una quotidiana confidenza con la Scrittura, insieme alla necessità di “esserci al centro per cento”.

Anime giganti in umanità, assetate di verità e di amore, raggiungono una radicale solidarietà con gli uomini, insieme a una misteriosa comunione con Dio.

Umili serve nel campo di Auschwitz fino alla morte. 

Uomini e donne differenti fra loro, e per quanto riguarda la loro formazione e per il loro modo di testimoniare.

Ma per tutti questi e molti altri, il motivo ispiratore è stata la “Parola della croce”, il Crocifisso e il suo significato, un significato di speranza e di vita.

In definitiva, è in nome della lealtà alla terra, agli uomini e al disegno  di Dio su di loro, che uomini e donne, in forme e tempi diversi, sacrificano se stessi, come Cristo ha sacrificato se stesso, perché la vita sia più vita.

Io sono venuto nel mondo perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10, 10).

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