
La chiesa parrocchiale di Redona
Con don Sergio, l’interrogazione, curiosa ed esigente, attorno alla politica smetteva di essere un tabù per la comunità cristiana. Diventava anzi, per questa, un ineludibile compito di discernimento critico. Non perché don Sergio coltivasse un’opzione politica particolare, né tantomeno perché avesse una formazione specifica per la politica.
Anzi, non smetteva di incoraggiare e spronare i laici a svolgere – nella e per la comunità cristiana – questo compito.
L’esercizio di questa forma di carità deve essere però avveduto, perché la costruzione della città sia rispettosa del pluralismo dei suoi abitanti e crei, tra questi, un consenso largo. Non si cerca quindi un posizionamento politico a sudditanza clericale, ma la capacità di leggere e tradurre storicamente ed eticamente la fede. E questo per incontrare bisogni e attese dell’uomo di oggi, in un dialogo paziente che rinunci alla scorciatoia dell’affermazione di una maggioranza.
Questo metodo è fecondo ancora oggi, benché una certa stagione di protagonismo diretto magisteriale sia fortunatamente alle spalle.
E tuttavia l’azione politica sembra sprofondata in un’area eticamente indifferente, stretta tra una presunta necessità tecnica, e la professionalizzazione di partiti privi ormai di radicamento popolare.
Credo che don Sergio, ancora oggi, non smetterebbe di portare al centro l’umano, oltre lo specialismo, oltre la delega al potere e oltre l’affermazione astratta di valori non negoziabili.
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