“Una forza che dà vita” è il titolo del volume che Fulvio Manara ha dedicato a Gandhi, “in un’età di terrorismi” come dice il sottotitolo. Forse il suo libro più importante. Ricominciare con Gandhi, o meglio, ricominciare dal rifiuto rigoroso della violenza e da un pensiero capace di tematizzare il rapporto tra violenza e menzogna, tra nonviolenza e verità è una delle tracce segnate da Manara e a noi consegnate.
L’impegno per la pace e la nonviolenza per lui è iniziazione a un pensare e a un fare comunità, a un a fare ricerca.
L’idea di una comunicazione non manipolativa, della creazione di una partnership di individui liberi ed eguali, lo stabilirsi di una relazione simmetrica, la reciproca esplorazione dell’altra individualità, la costruzione cooperativa delle conoscenze, intesa come impresa comune, sono le caratteristiche dominanti e significative di questo contesto e di questa proposta”,
scriveva in Comunità di ricerca e iniziazione al filosofare. Sono racchiusi in queste parole i valori nei quali credeva e ai quali ha improntato una vita intera di ricerca, che ne ha fatto uno die maggiori studiosi italiani di Gandhi e della nonviolenza, un pensatore in dialogo con filosofi come Raimón Panikkar, un pedagogista che credeva in una scuola creativa, dialogica, centrata sulla ricerca e non sulla trasmissione del sapere.
La filosofia, l’insegnamento, la ricerca nella sua appassionata concezione e nella pratica condivisa con tante studentesse e studenti dell’Università di Bergamo, con insegnanti ed educatori, con persone dei movimenti per la pace e la giustizia, sono movimenti della “verità dell’amore”, oltre che “amore della verità”. Attività umana che nasce e alimenta il cuore del bisogno di senso e disegna le forme di una lotta quotidiana contro le tante violenze e assurdità che troviamo attorno, tra noi, anche in noi.
Incontrare Fulvio Manara in università, negli scritti, nelle attività delle tante comunità di ricerca attivate, nella convivialità, ne dialoghi dialogali, nei momenti di meditazione è stato ed è una esperienza di apprendimento di vita, un evento educativo trasformativo.
La sua tenerezza amicale, fraterna e paterna, e la sua esigente radicalità, sorridente e tenace, hanno segnato con un tratto tutto particolare, i luoghi educativi, sociali, istituzionali da lui attraversati.
“Bandiera spostata” su margini indagati e riaperti
In questi luoghi, come nei luoghi della ricerca e dello studio tessuti insieme, Fulvio rappresenta una “bandiera spostata”: spostata su margini indagati e riaperti, incontrati e colti nella loro generatività. Bandiera su un orizzonte verso il quale si cammina, e che si ridisegna continuamente; continuamente spostata verso un oltre. Una promessa sulla quale ci sono persone che si offrono come segnavia.
Per essere “bandiere spostate” ci vuole una certa forza. Una forza che rompa e sveli, che leghi e serva il cammino.
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Rocchetti