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Il cardinal Pizzaballa a Gaza

Il cardinal Pizzaballa durante la recente visita alla striscia di Gaza

Da laico nella città – rubrica a cura di Daniele Rocchetti
La situazione nella striscia di Gaza, da sempre e da prima della guerra.
Poi è arrivato il 7 ottobre e la guerra e i 35.000 morti.
La picccola comunità cristiana, le prove pesanti, la forza

200 cattolici su quattro milioni di abitanti. La fede forte nonostante le bombe

Il cardinal Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, è da sempre molto legato alla piccola comunità cristiana di Gaza.
Al termine di una sua visita fatta un paio di anni gli chiesi quanti fossero i cristiani della Striscia. Mi rispose così: “Calcola che a Gaza, un territorio esteso meno di 400 km quadrati, vivono due milioni di persone. Tutti i cristiani messi insieme non arrivano a mille, i cattolici sono al massimo 200. Sono stato quattro giorni interi cercando di incontrarli uno ad uno. Grazie alle suore di Madre Teresa ho potuto incontrare anche alcune famiglie mussulmane tra le più povere. La situazione è drammatica. In genere l’elettricità arriva in media 5/6 ore al giorno, il sistema fognario è saltato, la disoccupazione è tra il 67 e il 70% e la metà del PIL è data dal lavoro pubblico i cui stipendi, pagati da Abu Mazen, sono tagliati al 50%. Manca la benzina per cui in giro ci sono molti più carretti con somari e cavalli che automobili. La gente vive una chiusura totale che dura oramai da molto tempo, sotto embargo da oltre dieci anni. Ho visto le fatiche e le preoccupazioni ma è stata anche una bellissima occasione per vedere che la comunità cristiana di Gaza è rimasta unita. Certo, si sono piccole questioni aperte ma averla incontrata è stata per me un incoraggiamento. Nonostante tutto, a Gaza i cristiani non perdono la speranza.”

“Li conosco tutti, uno per uno. Sono stato nelle case di tutti e mi sono molto vicini”

Dopo i terribili fatti del 7 ottobre (che hanno portato all’uccisione di 1200 israeliani) e l’invasione della Striscia da parte dell’esercito israeliano (operazione che ha fatto sinora più di 35.000 vittime), in un collegamento telefonico gli chiesi se aveva loro notizie. “Li conosco tutti, uno per uno. Sono stato nelle case di tutti e mi sono molto vicini.  Stanno fisicamente bene a parte la tragedia di qualche giorno fa avvenuta a San Porfirio. I cristiani sono ora riuniti nei due centri, ortodosso e cattolico, e vivono insieme in complessi non attrezzati e con le difficoltà che possiamo immaginare. C’è tensione ma sono determinati a restare in quella terra, confidano in Dio e, come ho detto molte volte, hanno una fede bella, forte, che non è scossa neanche dalle bombe.”

La devastazione della guerra e la speranza della pace

Ora, finalmente, il Patriarca è riuscito a raggiungere la Parrocchia cattolica della Sacra Famiglia per la sua prima visita pastorale dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas. E’ il primo religioso che è riuscito a entrare nella Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre. Anche il parroco della Sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli, prete argentino della congregazione del Verbo Incarnato, che si trovava a Gerusalemme allo scoppio della guerra e non è potuto tornare alla sua parrocchia negli ultimi otto mesi, ha accompagnato il patriarca e rimarrà a Gaza City con la sua comunità.

“Era da tempo che volevo, desideravo, essere con loro, incontrarli”, ha detto Pizzaballa parlando della sua visita. “Ora ho avuto questa possibilità e sono molto contento”. Le sue parole sono raccolte da un video messaggio pubblicato online dal Patriarcato il 16 maggio. Secondo un breve comunicato stampa diffuso in seguito dal Patriarcato latino, la delegazione ha incontrato la popolazione per “incoraggiarla e portare un messaggio di speranza, solidarietà e sostegno”.

La visita alla comunità per “incoraggiarla e portare un messaggio di speranza, solidarietà e sostegno”

Il cardinale Pizzaballa ha dichiarato che il suo primo desiderio era “stare con loro, abbracciarli e sostenerli per quanto possibile e verificare le loro condizioni e vedere che cosa possiamo fare per migliorare le loro condizioni e aiutarli in (ogni) modo possibile”.

La visita è stata preparata e protetta da uno stretto riserbo al punto che, ad oggi, non si sa da quale varco d’accesso la delegazione sia transitata. Di certo, tutto si è svolto con l’autorizzazione delle autorità militari israeliane. Il patriarca ha celebrato la Messa per la comunità parrocchiale e ha anche fatto una visita di cortesia alla vicina chiesa greco-ortodossa di San Porfirio. Qui il cardinale Pizzaballa ha incontrato l’arcivescovo greco-ortodosso Alexios di Tiberiade del Patriarcato di Gerusalemme, il quale si è rifiutato di lasciare la Striscia di Gaza nonostante i pericoli legati alla guerra in corso.

Insieme all’arcivescovo Alexios, Pizzaballa ha attraversato il quartiere che circonda la chiesa, visibilmente danneggiato dai bombardamenti, e ha pregato a San Porfirio, ritenuta la terza chiesa più antica del mondo. Il 19 ottobre 2023, un’esplosione nel campus della Chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, ha ridotto in macerie un edificio amministrativo e ha fatto 17 vittime. Diverse centinaia di persone erano infatti rifugiate nel complesso della chiesa, molte delle quali stavano dormendo, quando l’esplosione è avvenuta nella notte.

Secondo dati recenti forniti dal portavoce del patriarca, Farid Jubran, attualmente sono 500 le persone rifugiate nel complesso della parrocchia cattolica. Altre 200 si trovano nel complesso ortodosso di San Porfirio. Prima della guerra, i cattolici a Gaza erano 135, oggi ne è rimasta una novantina. Alcuni sono riusciti a lasciare la Striscia di Gaza nelle ultime settimane, la maggioranza è convinta di rimanere. Sin dai primi giorni del conflitto a Gaza, anche papa Francesco, dal Vaticano, si tiene in costante contatto telefonico con la parrocchia della Sacra Famiglia e la sua gente.

La situazione a Gaza è sempre più disperata, con diverse organizzazioni umanitarie come la Caritas che sottolineano come la gente stia morendo di fame, non riuscendo a trovare né tanto meno a comperare cibo. La decisione del Patriarca Pizzaballa è stata un gesto di speranza e di vicinanza con la piccola ma resistente comunità cristiana. Che custodisce, come l’intera popolazione, il desiderio – finalmente! – di un tempo di pace. Verrà questo tempo?

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