Guerra più guerra non è pace. Alcune domande scomode

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Guerra più guerra non è pace. Alcune domande scomode

Da laico nella città – rubrica a cusa di Daniele Rocchetti

I punti di vista – diversi – di Cecilia Strada e Giorgio Gori.
I grandi rischi della guerra.
Profezia e ragionevolezza politica

Strada, Gori, Tarquinio

“L’invio delle armi in Ucraina non ha funzionato. Dopo due anni dall’inizio della guerra, se fosse bastato il sostegno militare e l’invio delle armi, staremmo festeggiando l’Ucraina in pace, invece stiamo ancora contando i morti. Dalla guerra se ne esce solo con il negoziato: dopo due anni è il tempo del cessate il fuoco”. Così un paio di mesi fa si è espressa Cecilia Strada, candidata alle Europee come capolista del Nord-Ovest per il Partito Democratico ed eletta con una valanga di preferenze: ben 282.763, distanziando di oltre 70.000 Giorgio Gori, arrivato secondo nella Circoscrizione.

La posizione del PD e quella dei “pacifisti”

Il quale sulla guerra in Ucraina ha una posizione alquanto diversa e che nei giorni scorsi ha riassunto così: “La posizione del Pd sul conflitto in Ucraina è molto chiara ed è stata concretamente espressa sia nel Parlamento italiano sia nel Parlamento europeo: noi riteniamo si debba offrire all’Ucraina tutto il sostegno umanitario, economico e militare necessario per far fronte all’invasione russa”. 

La dichiarazione di Cecilia Strada è stata peraltro condivisa anche da altri candidati presentati dal Partito Democratico alle scorse elezioni europee. Tra questi, il più noto è Marco Tarquinio, già direttore dell’Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, che ha contribuito a rilanciare in misura significativa, poi candidato indipendente nella Circoscrizione Centro ed eletto con oltre 42.000 preferenze.

Intervenendo in una serie di dibattiti e argomentando in modo articolato in un lungo articolo pubblicato dal “Fatto Quotidiano”, Tarquinio ha posto la questione di come la Nato, alleanza difensiva costituita a suo tempo per fronteggiare l’Urss e i Paesi poi allineati nel Patto di Varsavia, abbia oggi cambiato pelle e natura, mutando obiettivi strategici e facendolo in sede intergovernativa senza passare dal dibattito e dalla ratifica dei Parlamenti.

Una “guerra convenzionale ad alta intensità”

Con l’invasione dell’Ucraina ordinata dal presidente russo Vladimir Putin il 24 febbraio 2022, la ultradecennale guerra d’Ucraina è entrata in un’atroce seconda fase ad “alta intensità”, segnata anche dalla partecipazione indiretta di Paesi Nato, soprattutto Usa e Gran Bretagna. Alcuni interventi di Macron poi di Scholz e di Biden rischiano di portarci sull’orlo dell’abisso spingendo verso soluzioni militari estreme dalle quali non si può tirarsi indietro.  È l’esito perverso di 27 mesi di guerra, iniziata da Putin, combattuta sanguinosamente da ucraini e russi, alimentata anche da noi occidentali, anglosassoni ed europei.

Un’alleanza che non si fa in un giorno. Ma che si deve fare

Guerra più guerra non fa mai pace, ma produce rischi sempre più grandi e incombenti. Tarquinio ha più volte ribadito che una nuova alleanza paritaria tra America ed Europa “non si fa in un giorno”. Ma sa che in un solo giorno possiamo ritrovarci schierati in guerra, e non più per procura. Quell’incombente “guerra convenzionale ad alta intensità” sul territorio europeo che lo scorso 9 aprile Josep Borrell, Alto Rappresentante della Ue per gli Affari esteri e la sicurezza, ha ammesso di vedere “all’orizzonte”, invocando una Ue “più indipendente (dagli Usa) per proteggere propri interessi e sicurezza”.

Per questo, termina il suo articolo scrivendo: “Abbiamo cambiato in peggio la Nato, sciogliamola e diamo vita a un nuovo sistema di difesa. Non si fa in un giorno, ma meglio aver chiaro che in un giorno solo, con questa Nato, si può precipitare nell’abisso scavato dalla guerra di Putin.”

Una dichiarazione che ha scatenato una serie di prese di posizioni sia all’interno del Partito Democratico (ancora Gori: “ha interpretato la sua collocazione nella lista del Pd in un modo che in alcuni momenti non mi è sembrato del tutto rispettoso della comunità che lo aveva accolto. In alcuni casi ha volutamente posto in rilievo una differenza, quando è arrivato a dire sciogliamo la Nato ho pensato che avesse usato una provocazione. Cecilia Strada non pensa cose molto diverse sulla guerra, ma secondo me si è spesa in modo più generoso per il partito”) che all’esterno. La segretaria Schlein ha prima ringraziato Tarquinio per aver accettato di “venire ad arricchire con un pensiero alto la lista di un partito plurale e poi ha sostenuto che il punto di vista dell’ex direttore di Avvenire “non corrisponde alla linea del partito”. Fin qui la cronaca. 

Amore della pace e ripudio della guerra

Le domande di fondo restano altre. Un politico cattolico come deve porsi di fronte a una scelta di questo genere? Come assumere la complessità delle questioni in gioco non venendo meno all’impegno di perseguire la pace ad ogni costo? Non può stare schiacciato sulle ragioni del realismo (le cui conseguenze potrebbero risultare mortali per un’ampia fetta di popolazione se non per la gran parte), non può neanche proclamare astrattamente valori che non si misurino dentro il tempo e la storia.

Papa Francesco: “Dio sta con gli operatori di pace”

Non molto tempo fa, papa Francesco all’Angelus ha ribadito con forza che Dio può stare solo da una parte: “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza.” E poi con grande forza ha richiamato, scandalizzando alcuni, lo splendido articolo 11 della nostra Costituzione Italiana: “Perché chi ama la pace ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Problema risolto? Certo che no. Intanto però i politici cattolici comincino a farsi qualche domanda. Anche quelle più scomode (Nato compresa). E tentino di dare risposte non scontate.

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