Dopo due guerre mondiali disastrose e con l’avvento della democrazia, avevamo sperato che la guerra non si presentasse più sul territorio europeo. Avevamo presuntuosamente pensato che i diversi conflitti che attraversano il mondo fossero il prodotto del sottosviluppo. Invece, la guerra è tornata in Europa, a distruggere e a uccidere.
Una guerra che per come è nata, per come si svolge e per i mezzi utilizzati ci obbliga a leggerla come un tragico paradigma di come si è evoluto il concetto di guerra e di come trasforma la mobilitazione per la pace. Possiamo definirla una guerra postmoderna, nel senso che nel suo svolgersi si differenzia enormemente dalle guerre che si sono svolte nella modernità, comprese le due guerre mondiali europee (1914-1918; 1940-1945).
Pensavamo, utilizzando i sedimenti colonialisti e di origine razzista presenti nel nostro inconscio, che le guerre appartenessero ai popoli sottosviluppati
Con la fine della tragica esperienza bellica e con la costruzione di istituzioni sovranazionali, ci eravamo convinti che l’Europa fosse ormai un continente di pace. Pensavamo, utilizzando i sedimenti colonialisti e di origine razzista presenti e radicati nel nostro inconscio, che le guerre appartenessero ai popoli sottosviluppati, così si è continuato, per settant’anni, ad alimentare il mito della superiorità europea. Tutto questo si è frantumato quando uno stato europeo, la Russia, ha invaso l’Ucraina costringendola a prendere le armi, così vediamo due popoli di cultura europea massacrarsi.
Europa di pace è ormai diventata di guerra: recentemente, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha inviato una lettera ai quotidiani europei, ribattezzando il Consiglio d’Europa come “consiglio di guerra”. Questo documento ha sottolineato un cambiamento di modello: l’Europa, originariamente concepita come un progetto di pace, sta ora affrontando minacce militari e preparando scenari di guerra. Michel ha sottolineato la necessità di una “economia di guerra” e di parlare “la lingua del potere” per difendersi.
La “nuova guerra” è ormai una realtà e cambia in profondità il senso e il significato stesso dell’esercizio bellico che diventa totale attraverso: l’uso di nuove tecnologie, nuovi attori, tattiche diverse e rapporti politico-economici innovativi. Questo termine viene comunemente associato a dottrine come “guerra giusta”, “guerra preventiva” e “guerra asimmetrica”.
Diventa pertanto necessario costruire nuovi paradigmi di pace. È necessario creare un nuovo patto di solidarietà europea che assuma come riferimento il “ripudio della Guerra” come indica la nostra costituzione e che, nello stesso tempo, promuova cittadinanza attiva, dialoghi interculturali e percorsi identitari innovativi ispirati alla pace.
Occorre avere una strategia che contribuisca a ridurre le conflittualità e formare menti pacifiche. Per fare questo si deve promuovere, nell’era dei nuovi media, un modello comunicativo e informativo alternativo a quello “politicamente corretto” che mistifica la realtà e quello tradizionale di giustifica della guerra.
L’avvento del digitale ha radicalmente trasformato il modo in cui vengono condotti i conflitti
La ricerca di nuovi paradigmi per la pace richiede un impegno costante e una conoscenza di come sta evolvendo il concetto di guerra e di come nei cambiamenti incidano le nuove tecnologie digitali. La nuova guerra è sostanzialmente digitale. L’avvento del digitale ha radicalmente trasformato il modo in cui vengono condotti i conflitti, dando vita a una nuova forma di guerra dove l’informazione e le immagini diventano strumenti strategici tanto quanto le armi tradizionali.
Ecco alcuni punti chiave riguardanti la guerra digitale e la sua relazione con la guerra postmoderna:
Le immagini e i video sono diventati strumenti strategici di comunicazione durante i conflitti. La loro diffusione rapida attraverso i social media può influenzare l’opinione pubblica e plasmare la percezione del conflitto. Allo stesso tempo, hanno aperto la via a nuove forme di manipolazione dell’opinione pubblica, rendendo cruciale l’analisi critica delle informazioni diffuse online.
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il concetto stesso di arma. Strumenti come i cyberattacchi e la distruzione di infrastrutture informatiche possono avere impatti devastanti. La minaccia nucleare è ancora presente, ma l’IA introduce nuove sfide e opportunità per la sicurezza globale.
C’è un rischio reale che si affermi il predominio della tecnologia sulla politica nei contesti bellici e influenzarne le scelte.
L’insieme di questi nuovi fattori che ridisegnano la tradizionale visione della Guerra richiede che il movimento pacifista e coloro che si battono per la pace affrontino le minacce della guerra postmoderna.
La guerra postmoderna, con la sua complessità e sfumature, richiede un approccio olistico e multidisciplinare. Per affrontare le minacce della guerra postmoderna servono alcune strategie:
Ai militanti per la pace è richiesta adattabilità e flessibilità: la guerra postmoderna è mutevole e imprevedibile. Le organizzazioni pacifiste devono essere flessibili e pronte a modificare le strategie in base alle nuove sfide. In sintesi, affrontare le minacce della guerra postmoderna richiede una combinazione di intelligenza, cooperazione internazionale, educazione e mobilitazione permanente. Solo attraverso un approccio integrato si può sperare di mitigare gli effetti negativi di questa nuova forma di conflitto. Diventa pertanto importante coinvolgere la società civile nella gestione delle minacce postmoderne.