
Esiste un passaggio inquietante nella prima lettura. Questo: “Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani”. La bibbia attribuisce tutto a Dio. La frase, anche se in termini primitivi, dice una verità profonda. Quando in una società i deboli non sono tutelati, vuol dire che in quella società funziona la legge del più forte. Ma questa legge è crudele e può travolgere tutti. La difesa dei deboli è il termometro infallibile dello stato di salute di una comunità.
La passione per le vittime e la difficoltà a individuarle
Il cristianesimo ha sempre avuto una straordinaria “passione per le vittime”, per i deboli, i perseguitati. Da qui una prima riflessione. Oggi troviamo una grande difficoltà a individuare i veri deboli. Forse perché sono tanti: sono i bambini, i vecchi, i giovani, gli immigrati, i disoccupati?… Forse perché, anche quando è evidente che sono deboli e vittime, facciamo fatica a fare qualcosa per loro. Forse. Questo, però, sta diventando per molti cristiani un ottimo pretesto per dimenticarli. Ma questo non potrebbe essere un segno inquietante della nostra crisi?
La giustificazione a dimenticare i deboli e le vittime va di pari passo con una specie di revisione del comando dell’amore. Una revisione che semplifica. Facciamo come i farisei e gli scribi. Troppa roba nella bibbia. Semplifichiamo. Quale è la frase, il precetto al cuore di tutto? Gesù accetta il gioco. Si può scegliere una sola frase. Soltanto che in quella frase c’è tutto: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. E amare gli altri come se stessi vuol dire che il fratello mi è prezioso come mi è preziosa la vita. L’amore di Dio prende carne. E Gesù dice che tutta la bibbia dipende da questi due comandamenti. Dunque: solo l’amore. Ma nell’amore c’è tutto, appunto. Solo che noi ci chiediamo subito: quali sono i paletti dell’amore? Non ci interessa l’amore ma i paletti con i quali delimitarlo. Siamo farisei. Siamo scribi. E invece.
Non siamo tanto preoccupati di vivere l’amore ma di fissarne i limiti. Siamo scribi e farisei
Lo stile del mio amore, anche il più personale, deve essere totalitario. La guerra – visto che ci siamo un’altra volta – è un guaio, anche per il precetto dell’amore. Siccome non posso amare chi sgozza bambini e chi risponde ammazzando, mi sento autorizzato a non amare comunque…
Per cui si deve ridire la verità semplice e decisiva: l’amore vicino diventa, di fatto, termometro dell’amore tout court. O so amare dove i legami sono possibili o, se non so amare lì, non so amare da nessuna parte.