
La morte oltre gli sberleffi di Halloween. Non vorremmo limitarci a liquidarla con una risata. E neppure vorremmo scavalcarla con le certezze cristiane di quello che ci aspetta “dopo”. Di fronte alla morte, la forma più elementare di igiene dell’anima è prendere atto. Lo si può fare in tanti modi. Qui vorremmo tentare raccontando immagini. Non le nostre, ma quelle della poesia, di un poeta, Giorgio Caproni (1921-1990). È una poesia di poche parole, esile e affascinante proprio per la sua leggerezza.
VISTA
Guardo davanti a me.
……………………………..Un pioppo.
Il fiume.
…………..Un cartello
nebuloso, e il confine
ormai «a un tiro di schioppo».
Giorgio Caproni, L’opera in versi, p. 652
Il poeta guarda davanti a sé e vede le cose, le solite cose che restano mentre tutti gli altri sono passati: un pioppo e il fiume. Due cose che, con la loro stessa forma, rimandano a ciò che è stato o a ciò che passa: il pioppo con il suo frusciare e il fiume che scorre. Oltre le cose, un cartello: dunque un indicatore di direzione: tutto – il pioppo, il fiume, il cartello – segnala un instancabile trascorrere. E si viene a sapere che tutto ciò che si teme si è avvicinato. Non si sa nulla del paese che sta al di là: si sa soltanto che è a un tiro di schioppo.
La morte degli altri che cosa mi dice della mia? Nulla o quasi. Mi dice solo che tutto finirà e che finirà presto. La morte arriva sempre presto, anche quando si muore centenari. E poi, più le altre morti aumentano, più si avvicina la mia. Tutto il mondo diventa allusione a quello che passa e tutto mi dice che siamo a un tiro di schioppo.
Vogliamo disperarci, allora?
No, ma a una condizione: saper guardare oltre il pioppo, il fiume, il cartello. La morte chiama imperiosamente un atto di affidamento. Per questo, forse, i cristiani hanno messo insieme la festa dei santi e quella dei morti.