Sarà perché sono del ramo interessato, e quindi tendo a vedere tutte le croci e segni di croci e quindi tendo a pensare che sono tante anche quando sono poche. Può darsi.
Alle olimpiadi ho visto molti atleti con crocine, crocette, croci al collo, croci-orecchini agli orecchi. Molti di loro si fanno il segno di croce prima di iniziare la gara.
Mi è sembrato anche che gli atleti di alcune provenienze geografiche si segnano più facilmente di altri. In particolare mi pare che atleti francesi, tedeschi, nordeuropei e anche italiani – più in generale: europei – non hanno grandi propensioni liturgiche. Si segnano invece di più atleti africani, sudamericani, americani di colore.
Tutto da verificare, naturalmente. Ma, se quelle sensazioni sono vere, si può vedere in quei comportamenti qualcosa di più serio di quello che sembra. Gli atleti che vengono dal sud del mondo o vi sono culturalmente più vicini, sentono maggiormente il valore di segni, desiderano di far vedere qualcosa di quello che pensano o in cui credono. Sono estroversi. Gli europei sono più “riservati”: o non credono o, se anche credono, non ci tengono a far vedere che credono. Sono introversi.
Ne consegue anche il senso di appartenenza è ancora più forte: un etiope non solo si sente etiope, ma anche “segnato” da un sigillo religioso: è un po’ più etiope perché cristiano.
Qualcuno vede in questo il rischio di un certo uso strumentale dei segni religiosi. Ed è un rischio possibile. Ma esiste anche l’esatto rischio contrario per noi abitanti del nord del mondo: che, preoccupati come siamo di non usare impropriamente dei segni religiosi, finiamo per non usarne nessuno e di ritrovarci, alla fine, molto ricchi di tante cose ma poveri di segni.