
Siamo alla vigilia delle elezioni. Nel mio piccolo, mi pongo anch’io la domanda che si pongono in tanti: perché votare in una tornata elettorale dove i motivi per votare sono così pochi e così poco convincenti?
Risposta difficile. Trovare motivi per partecipare a un evento che offre pochi motivi è difficile, infatti. Diciamolo in altri termini: partiti e candidati non sono riusciti a convincerci che è bello votare, che votare è una festa, che la democrazia o è condivisa o non è… Questi messaggi, e altri simili, non sono passati. Qualcuno, qua e là, quelle parole le ha dette. Ma sono rimaste parole sue, non nostre.
Molti votano solo perché sperano di vincere
Qualcuno, per la verità, si è lasciato convincere a votare. Da una ragione semplicissima che funziona sempre a perfezione: la speranza, anzi: la convinzione di vincere. Giorgia Meloni ha visto aumentare i suoi consensi con il passare del tempo e, soprattutto, con l’aumentare delle percentuali dei sondaggi a suo favore. Giorgia Meloni non vince perché ha le idee buone, ma le sue idee sono diventate buone perché vince. E, dall’altra parte, il PD perde perché è dato per perdente. Alcuni spifferi sui sondaggi degli ultimi giorni lo danno sotto il 20 per cento, dopo il quasi 25 per cento di una settimana fa. E i sondaggisti aggiungono che il calo del PD è dovuto anche al fatto che, essendo previsto perdente, alcuni suoi potenziali sostenitori si sono convinti a “lasciar perdere”: a che serve votare se siamo sicuri di non farcela?
Resterebbe un motivo, ultimo, residuale per votare comunque e per votare anche il partito che perde, PD o altri. Che si deve. La “città”, la società nella quale viviamo ci appartiene e noi apparteniamo ad essa. Dobbiamo “stare al gioco”. Tirarsi fuori dal gioco, non significa farlo finire, perché il gioco continua anche senza di noi.
Il gioco continua anche senza di noi
Si potrebbe dire che questa ultima ragione è di tipo morale. Partecipare, anche in questa forma dimessa che è il voto, è un dovere. Si deve anche se non abbiamo molti motivi per farlo. Prima di tutti gli altri motivi, c’è questo: che si deve.
Con un ultimo dubbio. Questo motivo, così smaccatamente morale, riuscirà a funzionare? Quasi tutte le scelte che facciamo le facciamo perché ci piacciono. Riusciremo a capire quest’altro, quest’ultimo paradosso: che non si deve perché piace, ma piace perché si deve?