Eppure, i motivi per pregare, ci sono e sono tanti. Si tratta della figura più importante di tutto il sistema politico e, insieme, della figura politica meno divisiva. È ciò che viene fuori dal gran discutere di questi giorni: il Presidente deve essere figura super partes, figura rappresentativa, figura che deve essere votata da tutti… Eppure, nonostante questo, i credenti faticano a pregare per un evento comunque cruciale della nostra storia.
Non è difficile trovare i motivi. Anzi: il motivo. Si ha a che fare con la politica che continua, sempre e ostinatamente, ad apparire sporca (vedi anche il mio articolo). Il credente ha la sensazione che soltanto nel prendere le distanze da quella roba lì, arriva a salvaguardare la propria purezza. Sono puro e quindi non mi impiccio. Ma anche: non mi impiccio e quindi sono puro.
Il che pone dei bei problemi, complicati e pesanti. Intanto, anche questo conferma quello che si sa da tanti altri indicatori. I cattolici, mediamente, faticano a fare la pace con la politica. In questo non sono molto originali: dicono e fanno quello che dicono e fanno tutti. Come credenti, invece di usare la fede per impegnarsi, la usano per disimpegnarsi. Lo fanno, certo, perché trovano che molte cose sono storte nella politica, ma, tirandosi fuori, contribuiscono a fare in modo che le cose storte nella politica siano ancora di più. Al solito: causa ed effetto.
Ma questo sdegnoso prendere le distanze dal mondo sporco della politica conferma non solo la sporcizia della politica ma anche i pesanti limiti della fede, di un certo modo di vedere la fede. La fede, in questa ottica, è un mondo puro, diverso, alternativo rispetto al mondo. Il mondo è qui, la fede è altrove, il mondo è pieno di peccati, la fede è innocenza, il mondo è dominato dagli uomini, la fede è il mondo occupato da Dio. Si potrebbe continuare. Quello che viene fuori in maniera evidente è che una fede siffatta è disincarnata. O, meglio: una fede che paga la sua purezza con la sua distanza.
Viene in mente un particolare ricorrente nei vangeli. Gesù non scappa via dai peccatori. Vi si mischia. È accusato, anzi, dai puri del tempo, scribi e farisei, di essere “amico dei pubblicani e dei peccatori”, non solo ma di frequentare le loro case e di mangiare con loro.
Ecco: i cristiani che non pregano mai per politica e politici, e neppure per il nuovo Presidente della Repubblica, mi richiamano scribi e farisei. Non ci si sporca le mani, ma per mantenere pure le mani non ci si impegna nei mondi nei quali gli uomini vivono. E tra questi mondi, c’è anche la politica.
2 Comments
Caro Don Alberto,
alle tue condivisibili riflessioni, vorrei aggiungere uno spunto in merito alla difficoltà per noi cattolici di pregare per i politici, partendo da due fatti.
1) Il Concordato sottoscritto l’11 febbraio del 1929 da Mussolini e dal Card. Gasparri all’art. 12 del prevedeva che: “Nelle domeniche e nelle feste di precetto, nelle chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano.”
2) Terminato il Concilio, Paolo VI consolidò l’uso di recitare pubblicamente l’Angelus la domenica a mezzogiorno per salutare i pellegrini che si radunavano sempre numerosi in piazza S. Pietro. Di qua dal Tevere, l’iniziativa non venne gradita perché ritenuta uno sconfinamento in violazione dei patti lateranensi: ne seguirono interrogazioni parlamentari da parte radicale e lo stesso Presidente Saragat chiese ad Andreotti di intervenire presso la S. Sede (Andreotti riferisce di avere così risposto al Presidente della Repubblica: “Ma guardi che anche Lei può affacciarsi la domenica a mezzogiorno dal balcone del Quirinale a salutare i cittadini e i turisti che si radunano nella piazza, ovviamente senza dare la benedizione!”)
Questi due fatti li ho richiamati per dire che oggi il cattolico che pubblicamente prega per i politici e/o le autorità rischia di trovarsi tra due fuochi: da un lato di apparire come fautore di un superato (e inopportuno) collateralismo reduce della religione di stato e dall’altro di urtare la sensibilità di un laicismo sempre più agguerrito che tende a considerare ogni azione pubblica dei cattolici come una invasione di campo.
Un caro saluto e complimenti per la vostra rivista.
Bruno Felice Duina
Opportune le tue considerazioni. Una cosa sola vorrei dire. Mi pare che se il rispetto per la laicità o la paura delle aggressioni laiciste ci impedisce anche di pregare, vuole dire che siamo in una situazione di totalitarismo di fatto. Quindi penso proprio, soprattutto per questo motivo, di non dover avere paura di pregare per Mattarella e per i politici. Ciao. buona giornata