“In verità”

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Relazioni pulite, trasparenti, rispettose, accoglienti verso il mondo dell’altro. Rispettare la verità che si dà, che non costituiamo noi

Una riunione un sabato mattina

Un sabato mattina il fermento vivace dei ragazzi e delle ragazze della 5^B della scuola primaria di una valle prealpina era più contenuto del solito, ma l’emozione era più forte. Attorno ai banchi lavoravano sulle norme e sul “patto educativo” gruppi di alunni e gruppi di genitori. Anche le tre insegnanti facevano gruppo! I cartelloni avevano preso forma. Ora si esponeva: impegni e attese reciproche. Attenzione e brusìo dopo l’esposizione d’ogni punto.

Moni aveva esclamato, quasi pensosa: “ma lo dite in verità?”

È quando il papà di Marco presenta l’ultimo punto che succede. Aveva appena letto “gli adulti, insegnanti e genitori, si impegnano ad ascoltare con attenzione ogni ragazza e ogni ragazzo nel momento che sta vivendo” che Moni aveva esclamato, quasi pensosa: “ma lo dite in verità?” E tutti gli adulti, insegnanti e genitori, erano restati per un lungo momento senza fiato, silenziosi. Certo, lei voleva dire “davvero”, “ma lo dite davvero?” e chissà da quale lettura o lezione in classe era scaturito quell’”in verità”. Ma aveva colpito nel segno. E tutti si erano sentiti spogliati  – delle ragioni, delle giustificazioni – e messi di fronte agli altri, in verità!

Nella trasparenza e nella sincerità

Moni aveva richiamato alla necessità che ci si esprima nella trasparenza e nella sincerità, nell’essere veri in ciò che si dice e si fa. Ciò che si dice e si fa è sempre testimonianza di una attesa e di una promessa buona sulla vita, sulle relazioni tra gli uomini e le donne, tra i piccoli e i grandi. O del loro tradimento. Verità e fedeltà hanno la stessa radice.

Occorre che ci facciamo presenti nella relazione educativa da donne e uomini sinceri e giusti, non “giustificati” continuamente qualunque cosa dicano e facciano! 

Se vogliamo salvare la vita comune e la dignità personale e umana nel cammino dovremo ritrovare il gusto e la pace interiore della coerenza di un dire e un agire in verità.

…dovremo ritrovare il gusto e la pace interiore della coerenza di un dire e un agire in verità

Pensare come esercizio di libertà è ricerca della verità che si rivela nell’esistenza è rinuncia a prenderne possesso è l’accoglierla ospitandola “nell’eccedenza del senso che sporge irriducibilmente dall’esperienza autentica dell’essere al mondo”. Pensare non costituisce la verità, ma la riconosce: “la costituzione della verità passa attraverso un’attenzione alla formalità della conoscenza e alle sue leggi, il riconoscimento di essa  passa per un iniziale rispetto nei confronti di ciò che è in questione”. [1]

È questo rispetto che apre all’inedito, a ciò che ancora non si vede e non si coglie.

La verità dell’incontro è preziosa in questo tempo. Accostarsi con rispetto ad ogni esperienza umana vissuta, specie se sofferta, contraddittoria o non facilmente leggibile, chiede di spogliarsi da un troppo di precomprensioni che possano pregiudicare ascolto, osservazione e compassione.

Scoperte e prove inedite e inaudite

Comprendere un’esperienza vissuta è comprendere il significato che gesti, scelte, atteggiamenti e parole assumono per le donne e gli uomini che le esprimono. Ogni vissuto emerge nello strettissimo legame che si dà tra coscienza intenzionale e significato originato in un mondo della vita. Incontrare è, allora, creare occasioni, luoghi, esperienze di vita nelle quali ospitare e farsi ospitare nel modo di essere-nel-mondo dell’altro. Evitando di assumerlo in un progetto trattamentale e di cambiamento. La trasformazione è esito di un incontro esigente che chiede ridislocazioni, che permette scoperte e prove di inedite, e inaudite, parti di sé e di modi della presenza all’altro e nel tempo. Ma questo che diciamo per le relazioni tra uomini e donne, pratica feriale e concreta del corpo a corpo tra donne e uomini e tra generazioni segna anche un essere nel mondo particolare, un modo di guardare il mondo particolare.

Desiderare è come un tornare a nascere del mondo e di noi stessi, è come collaborare al creare e attendere alle doglie del parto del creato

È questo mondo che deve poter essere altro, questo mondo possibile, chiamato ad essere sostenibile e abitabile. Luogo del desiderare: sapremo tornare a vedere la realtà per quel che è, cioè una possibilità, un’attesa in questi tempi che si son fatti confusi e premono le angosce?

Desiderare è vivere la nascita, è come un tornare a nascere del mondo e di noi stessi, è come collaborare al creare e attendere alle doglie del parto del creato.


[1] S. Labate, La verità buona. Senso e figure del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 2004, pp 10-11; Labate, nel suo prezioso libro, mostra anche come la “svolta fenomenologica di Husserl si presti a entrambe le possibilità di sviluppo, ma che solo la seconda apre a un pensare che cerca dall’esistenza, che accoglie il desiderio di comunità, che entra negli eventi di dono, p 10. Vedi anche R. Mancini, L’esistere nascendo. La filosofia maieutica di Maria Zambrano, Città Aperta, Troina (Enna) 2007

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