Il fallimento della EDB. Editori, libri e cultura

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Il fallimento della EDB. Editori, libri e cultura

“Con 8000 titoli pubblicati e 13 riviste, dal 1962 accompagniamo i lettori sensibili ai temi emergenti della società contemporanea e della Chiesa”- Così si presentava la EDB, Editrice Dehoniane Bologna. Si presentava, perché, nei giorni scorsi, è arrivata la notizia che la EDB è fallita. Abbiamo chiesto a Giuliano Zanchi di riproporre una sua riflessione sul tema della cultura in rapporto al mondo cattolico. Giuliano Zanchi è direttore della Fondazione Bernareggi e della Rivista del clero italiano, della Università Cattolica di Milano.

Dunque il fallimento della EDB, libri e cultura. Se ne parla con un acuto senso di smarrimento. La EDB era nata con il Concilio e ne aveva accompagnato e vivificato i positivi strascichi nella chiesa e altrove.

Ora chi circospetti, chi irrequieti, a seconda di dove si abita e di come ci è andata, ci incamminiamo verso una confusa fase post epidemica, accompagnati da quel brusio sociale che rende anche una nazione di sessanta milioni di abitanti un paesino di provincia.  In questo paesino tutti dicono la loro e fluttuano, come sugheri in acqua che un momento sono su e un momento dopo sono giù, le varie priorità di ogni rinascita. Ognuna coi suoi sponsor, i suoi testimonial e i suoi avvocati al tavolo delle trattative.

Dopo il Covid la ripresa. E i rancori con cui fare i conti

“…si presenta il compito, in questo momento particolarmente dirimente, di accompagnare culturalmente quegli umori che segneranno il nostro futuro”

In questo andare e venire degli oggetti sociali bisognosi di attenzione, riscatto e rilancio, viene sempre anche l’attimo della cultura (sempre più assimilata al turismo) e con essa i libri, l’editoria e le librerie, riaperte quasi per prime forse perché strasicuri che non sarebbero certo venuti da lì seri problemi di assembramento. Le case editrici sono state all’ossigeno delle vendite online, hanno messo in sosta la programmazione e si sono dedicate alla ‘letteratura dell’istante’, con una prontezza che ha reso omaggio al protagonista del momento (il mestiere dell’editore è anche quello di non perdere contatto con la realtà).

Ai vari significati e alle molteplici conseguenze della sua irruzione, il ‘mondo della cultura’ non smetterà di prestare attenzione, cercando nel contempo di riprendere le fila del proprio compito nelle difficili condizioni dettate soprattutto dalle complicazioni economiche che non sarà facile riassorbire tanto presto.

Alle necessità di una tale ripresa, cui certe sceneggiature giornalistiche amano conferire l’aura drammaturgica di una ricostruzione postbellica, dovranno partecipare un po’ tutti. E tutti dovranno ricordarsi che accanto alla sacrosanta necessità di mettere a posto i conti (anche Teresa d’Avila soleva dire che con lo spirito santo e i soldi si può fare molto), si presenta il compito, in questo momento particolarmente dirimente, di accompagnare culturalmente quegli umori che segneranno il nostro futuro. E ci si dovrà ricordare anche che non saranno gli spaventi di oggi, nemmeno i disagi di domani, quanto piuttosto i rancori di dopodomani, quei risentimenti sociali in cui spesso i traumi evolvono in reazione.

I libri restano indispensabili. Editori libri e cultura

Una tale compito ha molti strumenti. Ma i libri, persino dopo questa recente immersione collettiva dentro l’acquario dell’infosfera, restano ‘sacramenti’ indispensabili per un ‘ristoro del pensiero’ che andrà prescritto assieme a un attesissimo vaccino. Non lo immaginerei come mera evasione letteraria e nemmeno come intellettualismo a oltranza. Lo immaginerei invece come quell’esercizio di continua misurazione della realtà che un tempo si chiamava ‘sapienza’ e che consiste soprattutto nel saper calibrare le differenze qualitative in cui l’esistenza (per ciascuno) e la storia (per tutti) non smettono di determinarsi.

Farsi l’occhio per la sostanza. Non prestare orecchio alla qualunque. Giornali e televisioni hanno ritmi troppo concitati per poter essere veri diffusori di una sapienza necessaria. Il tempo lungo dei libri, assieme ai rituali di cui essi torneranno a essere circondati, conferisce loro qualcosa di più congeniale, che credo si trasformi in una vera responsabilità.

Sotto questo profilo il cosiddetto ‘mondo cattolico’ dovrebbe vedersi già in prima fila, in testa al corteo, capofila di un esercizio di comune discernimento cui saprebbe di poter portare materia di prima qualità. Qualcuno indubbiamente il suo compito lo onora. L’editoria cattolica prova a fare la sua parte. Ma con qualche attrito che sembra trattenerne lo slancio o limitarne la lungimiranza. E con l’intralcio di meccanismi di assegnazione dello spazio che la confinano di norma nella nicchia dello scaffale religioso (accanto alla letteratura di viaggio e appena prima dell’esoterismo). 

La chiusura a cascata delle sue librerie resta un processo di estinzione che nella chiesa sembra non preoccupare nessuno, anzi entrare in quel capitolo di sobrietà economica che deve imparare a disfarsi delle cose non essenziali.

La cultura per non ridursi a essere i badanti delle tradizioni

“I roboanti proclami di una nuova evangelizzazione e di una chiesa in uscita si riducono a una carità sociale facilmente attaccabile”

In questo modo i roboanti proclami di una nuova evangelizzazione e di una chiesa in uscita si riducono a una carità sociale facilmente attaccabile e a una vibrante militanza kerigmatica che ha solo un passo da fare per diventare un evangelismo made in USA. Negli anni venti del secolo scorso la chiesa italiana ha ‘inventato’ una Università, una casa editrice e una serie di riviste associate. Quella chiesa capiva che fuori dal comune scambio culturale la causa evangelica non ha possibilità di farsi realmente valere come parola buona. Non solo ma non poteva stare nel consesso di una moderna società civile come una semplice badante delle tradizioni.

Questa fase di ripresa in uscita da un’esperienza così traumatica, potrebbe (illudersi non costa niente) valere anche per la chiesa come occasione di una nuova consapevolezza interna circa la natura non voluttuaria dei suoi strumenti culturali. A partire dalle case editrici, dai libri, dalle parole che non cadono mai senza portare frutto. Se poi il problema riguarda anche il bacino dei lettori cattolici che si sta significativamente contraendo, questo sarebbe ragione per qualche domanda in più. Forse persino motivo per riattivare energicamente le nostre disponibilità editoriali e andare sul serio in periferia.

Leggi anche, in rapporto al tema della cultura, sulla figura di don Sergio Colombo.

 

 

1 Comment

  1. […] Leggi anche l’articolo di: Giuliano Zanchi […]

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