Guerra, sempre guerra

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Molti di noi sono nati sotto le bombe, costretti a convivere,
sempre con la paura della guerra.
“Io sono per la pace ma essi appena parlo sono per la guerra”

Si nasce in guerra

Mi porta una certa dose di angoscia questa interminabile pressione della guerra, delle guerre, così lontane, così vicine. Mi sto chiedendo se, da quando sono nato, nel 1943, fino ad oggi ci sia stato un periodo senza guerre. Sono nato sotto le bombe. Mio padre era in servizio militare alle isole greche. Si era sposato alla fine del mese di maggio del 1942, avevo goduto di un mese di congedo matrimoniale, poi era ripartito. Mia madre era incinta di me. Era poi tornato definitivamente congedato verso il mese di giugno del 1943, grazie a una legge che riguardava, non ricordo bene i termini, le famiglie contadine. Ero nato da poco. 

Mi padre apparteneva alla divisione Acqui, la divisione vittima del cosiddetto “eccidio di Cefalonia”.  “Fu un crimine di guerra compiuto da reparti dell’esercito tedesco a danno dei soldati italiani presenti su quelle isole alla data dell’8 settembre 1943, giorno in cui fu annunciato l’armistizio di Cassibile che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani” (Wikipedia). Mia mamma mi raccontava che negli ultimi mesi di guerra, mi aveva mostrato, dalle campagne di Sovere, il fumo nero che saliva dagli stabilimenti dell’Ilva (oggi Lucchini) di Castro, bombardata dai Tedeschi. Mi raccontava che ero passabilmente spaventato. Ma non ricordo nulla di quel fumo e di quei bombardamenti. La mia memoria ha provveduto a provvidenziali cancellazioni. 

Si cresce con la paura della guerra

Dunque, molti della mia generazione siamo stati concepiti in guerra, nati in guerra. Poi siamo cresciuti. Poi ci siamo dovuti acclimatare a echi di guerre che venivano da ogni parte del mondo. Anche quando la guerra non c’era avevamo sempre paura che ci fosse. Ricordo molto bene quando le tensioni tra i grandi blocchi contrapposti, Russia-America, sembravano sempre portare il mondo sull’orlo del baratro. La “guerra fredda” è stata uno stato di guerra temuto, continuamente. Ricordo, soprattutto, il panico diffuso in occasione della crisi di Cuba, quando davvero si aveva la sensazione di una guerra atomica imminente. 

Poi, con la caduta del muro di Berlino, ci eravamo illusi che, con la guerra fredda, fosse finito anche il panico della guerra che ci aveva attanagliato per anni. E invece di finire, la guerra si è diffusa, sparpagliata, siamo entrati nella terza guerra mondiale a pezzi, come l’ha definita Papa Francesco. Qualche giorno fa ho letto, non ricordo dove, che le guerre attualmente in atto nel mondo intero sono oltre cinquanta. Finora ci potevamo consolare dicendoci che, in fondo, eravamo fortunati perché le molte guerre erano tutte lontane da noi. Con l’Ucraina anche la distanza igienica delle guerre si è sensibilmente accorciata. 

La pace per tutti non ci sarà mai

Ma perché mi dico queste cose? Perché avvilisce pesantemente il pensiero che in qualche parte del mondo, sempre, c’è qualcuno che si sta scannando. Gli uomini non sanno vivere in pace. La pace non ci sarà mai. Ci sarà, invece, sempre, la guerra. 

Solo che, più le guerre premono e più noi sogniamo la pace. Non riusciamo a prendere le parti di qualcuno che sta combattendo contro qualcun altro per gioire delle nostre vittorie. Non sogniamo vittorie, sogniamo la pace, appunto. Così siamo condannati dai nostri sogni belli a essere sempre delusi, a sognare la pace e a dover sempre prendere atto della guerra. “Io sono per la pace ma essi, appena parlo sono per la guerra”. Il lamento del salmo 120 è il nostro canto, il canto di una generazione di sognatori irrimediabilmente delusi.

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