L’immagine che domina il vangelo di oggi è quella della vigna. Gesù è la vite e il Padre è l’agricoltore. “Io sono la vite, voi i tralci”, aggiunge Gesù. L’immagine permette a Gesù di sviluppare il tema, impegnativo e affascinanate del “Rimanere” in lui, come il tralcio rimane nella vite.
La vite, però, dà frutti se viene potata. Siamo soliti spiegare questa immagine con l’affermazione che la sofferenza fa crescere. La nostra cultura, però, ha terrore della sofferenza, come ha terrore panico della morte. E così avviene che la sofferenza e la morte ci colgono sempre impreparati. Si soffre senza sapere come e senza sapere perché.
La croce di Gesù significa che il dolore, quando rientra in un progetto di vita costruttivo, positivo, in un dono, diventa esso stesso momento di quel dono e può diventare perfino momento decisivo. Ma bisogna avere quel progetto e bisogna vivere la sofferenza stessa come momento di quel progetto. È il padre che pota i suoi figli. Ma per credere questo bisogna credere nel padre e credere che noi siamo suoi figli.
Il termine “rimanere” ritorna più volte nel quarto vangelo. È un accenno, variamente modulato, alla stabilità del rapporto del discepolo con il suo Signore.
Viviamo in una cultura ansiosa che corre sempre verso qualche cosa d’altro e per la quale la felicità abita sempre altrove. La Chiesa, oggi, può rappresentare il luogo alternativo dove, invece di correre, si sta e si “rimane”. E si rimane perché si possiedono buoni motivi per rimanere: la Parola che ci racconta un Amore sorprendente e, per noi, “inspiegabile”, il pane spezzato da mangiare mentre attraversiamo i nostri deserti, la fraternità che ci rende accettabili perfino le pesanti fatiche del viaggio.
Il cristiano è vivo, riceve vita e dà vita se è capace di dare “segni di vita”, cioè di produrre frutto. Ritorna, anche oggi, quell’equilibrio spesso difficile tra l’essere cristiano e il vivere da cristiano, tra il cristiano di nome e il cristiano di fatto.
Oggi molto spesso si mette l’accento sulla verità e sull’autenticità. L’importante è essere onesti, è non fare del male, si dice. Se dovessimo esprimerci nelle immagini del vangelo di oggi si dovrebbe dire che l’importante non è essere nella vite, ma produrre buoni frutti. Ma che cosa è più importante: che io faccia del bene o che lo faccia da figlio, che produca frutto o che produca frutto di vita eterna?