Ascensione. Il cielo vuoto

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Ascensione. Il cielo vuoto

"Ascensione". Tempera di Giuseppe Sala (particolare)


Spunti di riflessione sul vangelo di domenica 12 maggio,  Ascensione del Signore – “B”. 
Il vangelo è Marco 16, 15-20
Per leggere i testi liturgici clicca qui

Dov’ è Dio?

Dio dov’è? Dio nessuno lo ha visto. Qualcuno della nostra umanità, molto tempo fa, ha visto il Figlio, l’ha sentito parlare di quel Padre “che è nei cieli”, ha avuto la fortuna di meravigliarci di fronte ai suoi gesti miracolosi. Poi Lui se ne è andato. E’ tornato “lassù” dove si trova il Padre. A quel punto, abbiamo cominciato a guardare il cielo, per vedere se, per caso, lui non volesse gratificarci di una sua apparizione, di qualche sua nuova parola. Ma nessuno appare. Ci guardiamo in giro e Lui non parla. E’ questo lo smarrimento di allora e lo smarrimento di oggi.

Avevamo costruito tutta la nostra società sulla presenza di Dio: Dio è “qui”, lui governa la storia e governa gli uomini. Per la verità, molti oggi continuano a farlo. Molti credenti e, oggi, anche dei non credenti, si affanno a dire che Dio è qui, ancora, ad assicurare il buon andamento del mondo. 

Altri, invece, hanno cessato di preoccuparsi e si comportano come se Dio non ci fosse e come se il Signore non dovesse tornare. Il problema, per loro, non esiste più.

l cielo vuoto pieno dell’attesa

Il compito di noi credenti, invece, è di annunciare che il cielo vuoto è il cielo pieno dell’attesa. Più si aspetta e più ci si dà da fare perché l’attesa sia buona. Il cielo vuoto è la condizione della nostra ricerca. Solo così sì va verso di lui. 

Se si guardiamo, avvertiamo che il nostro corpo si disfa, si corre verso la morte. Ma nel nostro cuore è depositato un germe, quello della vita che il Signore ci ha dato. Quel germe cresce, a poco a poco. Il paradiso si costruisce dentro di noi.

Il cielo è la dimensione che si crea quando la creatura fa il suo ingresso definitivo nella realtà divina. Andare in cielo significa andare a Dio; essere in cielo significa essere presso Dio. Il cielo non c’è, ma si forma nel momento in cui la prima creatura giunge definitivamente-escatologicamente a Dio. Il cielo si forma dunque con la risurrezione ed esaltazione del Cristo. Propriamente parlando non dovremmo dire che Gesù viene assunto in cielo ma che egli viene assunto definitivamente per vivere presso Dio e diventare così il cielo. Cielo è dunque il corpo peumatico del risorto” (Kasper, Gesù il Cristo, p. 209).

Amore maturo

L’esperienza dell’amore ci può aiutare a capire il mistero di oggi. L’amore vero rinuncia all’altro come copia di se stesso e arriva all’altro come altro, diverso. Un amore così, un amore maturo sa accettare la lontananza, la distanza fisica, la mancanza di rapporti. Nell’Ascensione Gesù passa dalla prossimità fisica alla “coabitazione spirituale”, dalla vicinanza a pochi alla vicinanza a tutti coloro che accolgono lo Spirito. Con un’altra immagine, si potrebbe dire che Gesù è presente nel fiume, non è più necessario il contatto con la sorgente. Diversi atteggiamenti recenti denunciano spesso un esasperato desiderio di vicinanza fisica, di contatto. E’ una fede sincera ma talvolta forse immatura, come è immaturo l’amore che non accetta la diversità e la lontananza dell’altro.  

Vivere in maniera matura il rapporto con il Signore che è “in cielo” vuol dire vivere da discepoli comunque, senza pretendere di scambiare il nostro impegno con il premio della vicinanza, del riscontro immediato, del successo. Spesso, infatti, il nostro impegno non ottiene nulla, spesso veniamo fraintesi, spesso criticati… In quei casi, soprattutto in quei casi, si misura la nostra capacità di onorare il nostro rapporto con il Signore. 

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