Il vocabolo ebraico schalom è reso con “pace”, ma il suo significato biblico è molto più ampio del termine italiano. Schalom non è solo assenza di guerre e neppure lontanamente è quieto vivere, ma è il valore per eccellenza che riassume tutti gli altri. Significa benessere, salute, fecondità, giustizia, abbondanza, felicità, armonia fra Dio e gli uomini e degli uomini reciprocamente: è vita in pienezza. Abbraccia sia l’individuo che il popolo di Israele e tutte le “genti”. Il creato intero è chiamato alla pace quando “il lupo dimorerà con l’agnello e la pantera si sdraierà accanto al capretto” (Is 11, 6).
La pace è vita in pienezza
Comunque, il senso profondo alla fine trascende il momento presente, fino al Nuovo Testamento dove si accentua il significato spirituale della pace, ma non per questo c’è evasione, anzi, il significato più ampio e profondo determina una maggiore responsabilità.
Quando si dice: “Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi” (Rm 16,20), cosa significa se non un invito ad aiutare Dio a stritolare già da ora il male che ci abita e che abita il mondo?
Pace è dono e impegno insieme. Buona notizia e proposito di vita, per estirpare le violenze, le ingiustizie, le offese… al fine di conformarci a Cristo “ la nostra pace” (Ef 2, 14), Lui il termine, l’attesa che si deve compiere.
Non sta a noi finire l’opera, come non l’abbiamo iniziata. Noi possiamo solo offrire il nostro umile povero lavoro. Ma lavoro sì.
A questo proposito eccoci alla VII beatitudine riportata da Matteo: “Beati gli operatori di pace”. Sono i lavoratori per la pace, quelli che saranno chiamati “figli di Dio” (Mt 5,9).
È interessante notare una differenza. Le altre beatitudini sottolineano un comportamento passivo: i “felici” sono i poveri, gli afflitti, i miti, i puri di cuore, i perseguitati, gli affamati di giustizia, cioè quelli che non hanno niente da dare, e la cui grandezza sta nell’affidarsi. Questa, invece, è l’unica beatitudine che dichiara “felici” coloro che “fanno”, che lottano, che costruiscono partendo dalle macerie umane.
In questo senso la pace diventa un’opera di misericordia, “beati i misericordiosi”, un’opera di riconciliazione, non solo a livello dei rapporti privati, ma anche nella vita sociale e politica. (PaoloVI definiva la politica la più alta forma di carità).
Occorre allenarci per guardare in faccia la realtà che ci circonda, volerlo fare, senza mascherare o velare le nefandezze di chi invece va dicendo “pace, pace. Ma pace non c’è” (Ger 6, 14), così da non essere disturbati.
Altrimenti, come essere costruttori di un nuovo ordine?
Gesù usa parole forti, crude, per denunciare la menzogna, il vuoto di un culto senza fede, l’avidità di possesso, la sottomissione alla ragion di stato, l’ipocrisia del potere:
“Guai a voi scribi e farisei ipocriti… serpenti, razza di vipere” (Mt 25,13-33).
“Non crediate che sia venuto a portare pace sulla terra. No, vi dico. Non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Mt 10, 34).
“I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31).
E già il vecchio Simeone aveva predetto che il Bambino presentato a tempio, sarebbe stato “segno di contraddizione”.
Certo, tutto ciò disturba il nostro modo di pensare “religiosamente corretto” (L. Manicardi) e mette in luce come, spesso, anche i cristiani amano addomesticare lo scandalo evangelico, gettando acqua sul fuoco per smorzare la forza d’urto delle parole di Gesù, ripiegando su corti orizzonti, fatti di opportunismi e di logiche di convenienza.
i cristiani amano addomesticare lo scandalo evangelico, gettando acqua sul fuoco
La pace non è una passeggiata nel “paese dei balocchi”, ma è “a caro prezzo”. Presuppone uno spirito critico, attento, sapiente, ancorato al presente e maturato nella fede, per riuscire a esprimere, oggi, la novità del Vangelo.
C’è un “vino nuovo” che esige “otri nuove”, cioè la trasformazione delle situazioni di vita dove poter custodire la preziosa bevanda, il sangue di Cristo.
Questo il lavoro degli “operatori di pace”. Una volta che hanno goduto di quel vino fino a inebriarsi, non possono non darsi da fare per edificare otri nuove.
Ed ecco che “rovesciano i potenti dai troni”, “rimandano i ricchi a mani vuote”, “disperdono i superbi”, mentre “gli umili vengono innalzati”.
È il mondo rovesciato.
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Rocchetti