Diritti e doveri: la strada del populismo?

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Si adotta sempre il “NO” anche quando non ci sono le ragioni per farlo.
La stampa stessa favorisce il passaggio dai desideri ai “pretesi diritti”.
L'”io” trionfa e il “noi” passa in secondo piano

Nella nostra società sta cambiando il rapporto tra cittadino e Stato, quello tra diritti e doveri. Sta cambiando anche il modo di percepire quel rapporto. Ne ho parlato nell’articolo del 21 gennaio.

La politica ci mette del suo

Questo fenomeno è a mio avviso favorito anche dal malcostume, anzi dalla irresponsabilità, della politica dominante. Senza mezzi termini, Giovanni Cominelli il 23 dicembre 2024 scrive: «La Sinistra di Schlein-Landini ha adottato lo stesso metodo di Salvini e Meloni: accumulare ogni NO possibile, senza nessun altro filtro. Nei sistemi liberal-democratici le forze politiche passano dal governo-ombra dell’opposizione al governo reale, quando vincono le elezioni. Nel nostro sistema malato passano all’ombra di governo. È il populismo, bellezza!»

Qualunque istanza, ogni NO possibile, ancorché, incoerente, utopico, controproducente, corporativo, viene raccolto senza nessun filtro dalle forze di opposizione di turno e, seppure spesso strumentalmente, viene comunque promosso e rivendicato! Lo Stato è sempre più vissuto come una controparte da cui esigere elargizioni piuttosto che una Comunità entro cui convivono, secondo una dinamica pluralista, le varie componenti politiche e sociali.

Così facendo si rinuncia alla responsabilità delle scelte e si incrementa il populismo, la demagogia, illudendo l’elettore che quella pretesa comunque avanzata abbia un fondamento ed una dignità che meriti un sostegno! Non si educa l’elettore, non si fanno i conti con la realtà, ed in particolare con le risorse e gli strumenti disponibili o con la necessità di contemperare un nuovo diritto con gli altri diritti aventi pari dignità, ma lo si illude, lo si inganna, lo si vizia, anzi lo si corrompe! 

La stampa amplifica

Questo approccio, molto più amplificato, lo vediamo bene nella stampa vicina alla formazione politica che, di volta in volta, si trovi all’opposizione: qui ogni minima istanza viene abilmente amplificata: la protesta, ad es., di un gruppetto assolutamente minoritario di una qualsiasi categoria viene presentata come la protesta della categoria stessa (la protesta di alcuni studenti, ad esempio, diventa la protesta “degli studenti”, quella di alcuni componenti di un certo settore diventa la protesta “del settore”) creando una grande cassa di risonanza ad ogni NO possibile che si presti, senza alcun filtro ripetiamo, ad essere scagliato contro il governo, o quanto meno metterlo in cattiva luce o sminuirne i meriti. 

Mi pare poi che questo approccio, tra l’altro, si intrecci e anzi favorisca quelle istanze individualistiche che perseguono la trasformazione “dei desideri in pretesi diritti”, proprio in quanto essi trovano subito paladini pronti, pur di raggranellare consensi, a sostenerne i fondamenti ancorché discutibili. 

Ecco allora, ad esempio, che nella complessa discussione sui “nuovi diritti” o “diritti di ultima generazione”, accanto alle necessarie riflessioni per opportuni aggiornamenti legislativi coerenti con l’evoluzione e le trasformazioni socioculturali del Paese, si insinua ogni sorta di aspirazione o di desiderio soggettivo. 

Si scivola dal “noi” all'”io”

In questo ambito trovo significativo il dibattito politico che si è sviluppato sulla maternità surrogata o sul fine vita, dove in talune argomentazioni, che certamente generano consensi, scompare totalmente il “noi” e domina un incontrastato “io”; si affermano i diritti e si offuscano i doveri, i rapporti con gli altri e la Comunità di cui siamo invece parte.

Infatti, i “nuovi diritti” rispondono essenzialmente ad una precisa connotazione culturale, tipica dell’individualismo anglosassone, caratterizzata da una visione individualistico libertaria dei diritti, che porta a negare o a rimuovere ogni forma di limitazione ai diritti soggettivi, avendo come fondamento il principio di autonomia e di autodeterminazione.

Tuttavia, l’evoluzione in senso populista della società non può essere ignorata e se ne deve tener conto come di una componente importante con cui confrontarsi.

Mi chiedo allora: ma la Chiesa, almeno in certe posizioni, non cede anch’essa alla sirena del populismo di facile consenso?  Ne parliamo nel prossimo articolo. 

P.S.

Avevo già chiuso l’articolo quando ho letto sul sito online di un noto quotidiano il commento di Concita de Gregorio sul rapimento, fortunatamente sventato, della piccola Sofia 

Son cose tanto personali che si stenta a riferirle, ma certo se sono il movente di un reato bisogna. Ora. Non è una persona (o una coppia, vedremo) fuori di testa che può fare statistica. Non è che chi desidera un figlio vada a prenderlo nella nursery del posto più vicino e se lo porti a casa. Però qualcosa dice, anche un caso criminale e fortunatamente così raro, sull’ossessione per la maternità e sull’accessibilità a forme alternative a quella principale. No. Non è che rapire un neonato sia una modalità frequente. Eppure da qualche parte ha attecchito e prende forme mostruose questa idea che sia sempre tutto a portata di mano, volendo.

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