Gagdet e grazia. L’Avvento. Una proposta

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I Calendari d’Avvento come oggi li conosciamo hanno perso quella connotazione religiosa
legata al significato originario dell’Avvento.
Si sono secolarizzati e hanno assunto un significato laico

Dal mercato della religione alla religione del mercato

Ma c’è una cosa che possiamo cogliere di cui in qualche maniera se ne offre una traccia? Anche l’uomo secolarizzato del nostro tempo è un animale rituale, un errante di significati, un viandante in cerca di senso. Frequenta i suoi templi, le nuove cattedrali del commercio umano, celebra i suoi riti, dispone di specifici formulari, ricorre a cose elevandole a simboli.

La secolarizzazione a suo modo, non può fare a meno di riferirsi al sacro, attingendo risorse dal suo repertorio assumendone, a suo modo, anche il linguaggio religioso. Al sacro si attinge come a quella riserva di senso che torna utile allo scopo, non perché sia un riferimento così necessario e vitale per la propria vita. Se il tempio da sempre ha conosciuto la deriva di trasformarsi in luogo di mercato, oggi sono i centri commerciali a costituire i nuovi templi. Dal mercato della religione siamo passati alla religione del mercato. Qui con dispositivi diversi si recuperano cose come oggetti; cose che nei luoghi per le quali originariamente erano state pensate come segni, sono cadute in disuso. Non parlano più, non attraggono più nelle forme da noi riproposte. In questo senso le comunità cristiane rischiano, nella rincorsa, di ricalcarne lo standard. E non si accorgono che si punta sui Gadget la partita è già persa in termini di fascino ed immediata appetibilità.

E se provassimo a riscoprire nella Grazia il nostro vero tesoro?

La tradizione è l’invenzione del possibile

Possiamo invece da cristiani riappropriarci di ciò che ci è più congeniale e trarre dal nostro tesoro quanto è più corrispondente alla nostra origine? Come risignificare dall’interno le nostre pratiche pastorali? Con la sapienza dello scriba divenuto discepolo che sa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.

La posta in gioco è nell’inventare forme nuove che mantengano vivo lo spirito di quell’esperienza che si è generata nella fede piuttosto che mantenere vive forme antiche che ne spengono lo spirito. In questa operazione pastorale è in gioco il senso stesso della Tradizione vivente della Chiesa. La tradizione è l’invenzione del possibile per mantenere vivo l’essenziale. Perché se vuoi riproporre e difendere l’identico, l’essenziale muore. Spesso le forme nuove con cui si intende recuperare il tesoro della tradizione, sono per lo più un riciclo, in forma nostalgica, di cose antiche. Sono cose antiche nelle quali però il contenuto è stato completamente stravolto e deformato. Di questo non si accorgono i fautori della tradizione, intesa e difesa in questo modo. Si illudono di preservala in nome dell’autenticità. Bisogna cimentarsi nell’invenzione di forme nuove che ne mantengano vivo lo spirito. e’ quello spirito che ci ricolloca in un cammino di fede, dentro un’esperienza comunitaria e un contesto liturgico. Qui si può ritessere in modo vivo e fecondo il legame tra Parola, rito ed arte.

Attesa è grazia del dono

Nell’itinerario di una comunità c’è più di un calendario.

IL CAMMINO DEI CRISTIANI ripercorre nel tempo dell’anno liturgico gli eventi e misteri della vita di Gesù di Nazareth. L’AVVENTO (dal latino Adventus, venuta e attesa), è tempo gravido di attesa. «Qualcosa di sacro deve trovarsi nelle sue origini, che possa essere il segreto del nostro presente?» (M. De Certau). «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce», proclama Isaia, il profeta che, più di ogni altro, ci accompagna nel tempo di Avvento.

Grazie a MILENA BELLOMETTI, alla sua sensibilità femminile e materna, all’estro artistico e all’intelligenza spirituale di cui vibra, abbiamo creduto di raccogliere da lei la sfida, provando insieme a ripensare all’interno di una comunità cristiana il Calendario d’Avvento in un itinerario e cammino di fede. Ricollocato dentro un percorso comunitario e in un contesto liturgico, nel rito della Messa feriale, è intimamente connesso alla Parola che lì, viene proclamata nella liturgia del giorno da cui l’artista si è lasciata ispirare dando corpo all’attesa e a quanto la Parola genera nella creazione artistica.

Ogni giorno dopo la proclamazione del vangelo si aprirà un dono. Delle garze lo avvolgono. Quelle garze verranno poi riprese in mano e cucite insieme da alcune donne a formare il sudario di Pasqua con cui è stato avvolto il corpo del Signore.

 

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