Avvento, il figlio che viene. A partire dal padre Abramo che si leva, mettendosi in viaggio per rispondere alla promessa che abita il suo cuore, tutta la Scrittura ci parla del nostro desiderio e dell’attesa di qualcuno che viene, portando vita alla nostra vita, accrescendola senza misura.
Cos’è la creazione? Come fa Dio a entrare nel mondo?
L’immagine capace di significare più profondamente l’attesa e la venuta di Dio, è anche quella del lavoro più prezioso e alto che la donna e l’uomo possono fare sulla terra: generare il figlio, ospitare l’uomo nella casa del proprio corpo. Il figlio che viene, custodito nel grembo della madre.
E da questa immagine dobbiamo partire per guardare il mondo e comprenderlo. Per capire come costruirlo umanamente nella pace. Per cercare i criteri delle nostre difficili laboriose mediazioni, della politica, delle leggi economiche, della custodia del mondo, della città, del quartiere, della casa.
Perché la costruzione della città umana è compito difficile. A volte è una fatica ardua. Sappiamo sostenerla solo ricordando che siamo stati nutriti da una bontà silenziosa che ci ha preceduto. E’ la bontà che la madre ci ha segretamente insegnato, soffiandola interiormente col suo stesso respiro.
Entriamo in una società che invita frequentemente a pensare in solitario, da individui separati, inseguendo il successo personale. La madre ci dice fin dall’inizio che noi siamo uno nell’altro, che il prossimo è così vicino che già abita in me, mi sta dentro. E la donna che aspetta il figlio diventa il criterio. E’ la dolcezza ospitale che si prende cura dell’uomo ancor prima che arrivi, non aspetta di vederlo per giudicare se merita attenzione, non attende di conoscere il suo volto per amarlo.
Per questo il bambino può avanzare incontro alla vita, piccolo, nascosto. Come tutti i figli dell’uomo manda avanti un angelo, una parola che annuncia che sarà bello, che sarà grande, che sarà re.
E ogni donna che riceve questo annuncio si sente, nello stupore, piena di grazia, come Maria, nell’obbedienza accogliente di quel dono inaspettato e insieme atteso.
Ecco la Madonna del Parto, di Piero della Francesca, uno dei dipinti più importanti del ‘400 italiano. Come avviene nella pittura di Piero, l’immagine unisce gli aspetti della più alta riflessione di pensiero, anche teologico, ad accenti di prossimità, contemplazione e devozione popolare.
Dipinta dal pittore per una chiesetta campestre nei pressi di Monterchi, paese natale della madre, come commovente tributo, si dice, alla sua morte.
Gli angeli scostano le tende, anche il loro sguardo, interpellandoci, ci invita a contemplare. Analogamente Maria scosta le pieghe del vestito per mostrare la gravidanza. Il tema iconografico degli angeli che spostando il drappo mostrano lo sportello del tabernacolo eucaristico si invera in questa scena dalla liturgia semplice e solenne.
Secondo la descrizione di Roberto Longhi: “Piero immaginò una rappresentazione estremamente piana, eppure, come amano i villici, del tutto aulica. Quanto dovette parer naturale a costoro il gesto dei due angeli che van scostando insieme i due lembi di tenda, un gesto nel quale Piero non si peritò di rimare affattissimo angelo con angelo, invertendo semplicemente lo spolvero! E s’intende che quel gesto era pur mirabilmente pensato, per arte (…). Quanto alla Vergine (…) e perché a quei contadini non sorgesse dubbio circa la realtà della gravidanza, essa non appare già di fronte, ma in un tre quarti dove il garbo incurvo delle doghe nella gran vesta parla a sufficienza.
Solenne come figlia di re sotto quel padiglione soppannato di ermellini, essa è tuttavia rustica come una giovine montanina che venga sulla porta della carbonaia. Dall’una mano rovesciata sul fianco, dall’altra accennando al grembo, entrambe temperate e legnosette, sorgono gesti di melanconica purità; e dalla insistenza dei contorni in quel viso da mustela, una grazia sottile e sproporzionata che rivela di Piero un accento insueto, ma forse non unico (…).”
Cosa guardare per comprendere la nostra esistenza, la speranza e il desiderio che la abita?
Gli angeli del dipinto sembrano risponderci: guardate la Madre che attende il Figlio.
Il figlio dell’uomo, l’ospite divino che custodiamo nella nostra attesa, ci rivela che la nostra vita è già contenuta in un’Altra.
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[…] tema è caro a Ugo Riva, che guarda Piero della Francesca con struggente nostalgia ome nel verso di Dino Campana “…e del tempo fu sospeso il […]
[…] invece stanno le due donne, incinte. Il mistero che portano in sé le rende sacerdotesse e profetesse di parole che riempiono loro […]
[…] La vita che si rinnova, il mondo che continua a venire a mondo, la creazione continua, ha bisogno del vuoto. La speranza prende corpo nel vuoto.E’ forse per questo che la speranza fa così fatica ad incontrarci, ad incarnarsi in questo tempo. Un tempo quotidiano sempre pieno: di cose, pensieri, movimenti, immagini, informazioni.Un tempo pieno della nostra volontà. Un tempo sempre accellerato, carico di obiettivi, programmi, scadenze. Tempo spesso senza qualità, senza senso. […]