E’ stata la mano di Dio

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Dio in verità non c’entra proprio in questo bellissimo film di Sorrentino,
maturo e commovente. 

La “mano”del titolo è invece quella di Maradona, con cui segnò un famosissimo gol per l’Argentina.

Maradona, Fabio, Sorrentino

Ragazzo dissoluto e geniale, che ha ridato a Napoli dignità e riscatto, campione inafferrabile il cui nome è pronunciato dall’inizio alla fine della pellicola, di lui si scorge solo un ritratto mai fisicamente definito. Il suo volto lo si intravvede appena tra i vetri di un’auto, ma il suo potere è tale da salvare addirittura la vita del protagonista, il giovane Fabio, tutto gambe, braccia e capelli, alter ego del regista. 

Maradona lo si intravede soltanto. Ma è capace di salvare Fabio, alter ego del regista

Il film è infatti realmente autobiografico, pur attraverso i filtri cinematografici, e dimostra perciò una grande intensità emotiva ma insieme un certo distacco, che evita eccessi retorici e melodrammatici. 

La prima immagine offerta allo spettatore è quella  del mare, che torna poi ossessivamente in questa pellicola , che del mare appunto  ha il movimento e la fluidità, ed è fatta anche di tuffi, bagni, gite in gozzo.

Napoli e la sua atavica commedia dell’arte

Di libertà, che è Napoli stessa, con le sue voci, i suoi rumori, le sue case borghesi anni ‘80, il loro arredamento, i ninnoli, le tavolate di famiglia, i pentoloni di sugo, l’amore coniugale, anche se a volte difficile, le risate, le molte storie dei vari personaggi, i motoscafi dei contrabbandieri, i locali del porto…

Tutto va in scena a Napoli: apparenza, felicità, discordie, persino diversità e pazzia

E’ una Napoli fatta di volti, maschere di un’atavica commedia dell’arte, di famiglie in cui vanno in scena apparenze, felicità, discordie, persino diversità e pazzia. Una città, insomma, che Sorrentino si trova scritta nelle ossa, e attraverso la quale si confronta con il suo passato.

Ma per fortuna c’è Maradona

Fabio – Sorrentino è però un ragazzo malinconico e timido, ma per fortuna c’è Maradona, che è un antidoto a tutto questo, una possibilità forse di ignorare ancora l’età adulta, un’illusione in cui cullarsi.

Fino a quando la sua vita inesorabilmente si fa drammatica, e gli assesta il colpo più duro, con la morte dei genitori in un terribile incidente. La tremenda perdita ne acuisce la sensibilità e la solitudine: d’ora in poi dovrà imparare da solo a guardare al futuro. 

Condannato a inseguire il sogno, non nel calcio, ma nel cinema

Chi lo salva tuttavia è ancora Maradona, che però lo condanna anche a inseguire il sogno per sempre, non nel calcio, ma nel cinema, che è comunque sogno ed evasione. Perché solo il calcio e il cinema, secondo il regista, riescono con naturalezza a legare mondi e modi, unire persone, a fare cioè una sorta di miracolo.

Anche se il giovane Fabio – Sorrentino andrà a Roma a studiare cinematografia (ascoltando nelle cuffiette del walkman “Napule è”, unica canzone del film), questo temporaneo allontanamento dalla sua città lo porterà al contrario a una ricomposizione di sé e a una maggior unione con Napoli, alla “napolitudine”: il suo valore personale e aggiunto.

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