Sinodo. La sintesi “bergamasca”. Cose taciute e cose dette

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Il sinodo che non ti aspetti
Alcuni argomenti restano tabù
Di alcuni modi di essere Chiesa si prende atto

Con l’autunno prossimo il Sinodo della chiesa italiana inizierà un suo cammino distinto da quello della chiesa universale, con la quale aveva condiviso la fase iniziale, quella cosiddetta “narrativa” o dell’ascolto. 

Ascolto che si è concretizzato nella stesura dei documenti di sintesi che ogni diocesi ha inviato alla segreteria generale del sinodo e che, dopo una fase di analisi e valutazione, permetteranno di definire gli argomenti specifici di cui si occuperà il sinodo nazionale.

Di celibato e di ordinazione delle donne non si parla

Immaginare quali potranno essere prendendo in considerazione il solo documento elaborato dalla diocesi di Bergamo rischia di essere un esercizio poco fruttuoso, perché probabilmente è non abbastanza rappresentativo di una realtà italiana che comprende più di 200 diocesi. Eppure dalla sua lettura si può trarre qualche interessante indicazione. 

La prima è che alcuni argomenti che sono stati al centro di un altro sinodo, conclusosi di recente, di una grande chiesa nazionale come quella tedesca, come il celibato dei preti e l’ammissione delle donne al sacerdozio, non sono proprio presenti nella consultazione che si è svolta nella diocesi di Bergamo.

Argomenti discussi nel sinodo tedesco. Non si potranno tacere ancora a lungo

Che alla fine vengano messi a tema delle fasi successive del cammino sinodale oppure no, rimane il fatto che non potranno continuare ad essere elusi per molto, tanto più che la Conferenza episcopale tedesca ha intenzione di inoltrare al Papa tutta una serie di richieste in merito. 

Eppure, voglio ricordare la considerazione del sociologo Marzano secondo cui 

L’emorragia di fedeli a cui assistiamo non dipende dalle mancate riforme; se la Chiesa facesse le riforme non avrebbe certo più gente a Messa. Gli anglicani queste riforme le hanno fatte (riferendosi ad esempio proprio al celibato e al sacerdozio femminile) e in chiesa non è tornato nessuno. L’emorragia è determinata dal fatto che nel nostro tempo la gente non crede più in Dio”.

Quali sono dunque le questioni, oltre a quelle pure importanti suddette, che si presentano come decisive per il “camminare insieme” della chiesa che verrà?

Non tutto, non ”come sempre”

Cercando bene nel documento di sintesi si trova qualche spunto molto interessante anzi, a mio avviso addirittura dirompente (pag. 4 ultimo capoverso):

Una delle problematiche a livello di impostazione pastorale complessiva deriva dalla pretesa che la Chiesa manifesta ancora in ordine alla comprensione di un cammino che, a suo modo di vedere, dovrebbe risultare totalizzante.

In sostanza, chi guida l’istituzione – ma a questo sguardo si associano spesso anche tanti laici collaboratori – immagina che il cammino da condividere debba essere stabile e permanente. Oggi bisogna invece superare questa pretesa, accettando che una persona scelga di condividere con la Chiesa soltanto alcune tappe della sua vita, e non l’intero percorso. La Chiesa ha però ancora la possibilità di presentarsi per molti come «una sorta di oasi» ed è su ciò che deve concentrare le energie che ha a disposizione. Tale postura esige molta libertà di spirito, ma quando viene assunta dà frutti positivi”.

In altri termini un giovane (e non solo) che vive le esperienze centrali della sua esistenza come improntate ad una condizione di transitorietà perché ad esempio ha un lavoro che per anni (se è un insegnante anche decenni) è di tipo precario,

Difficile chiedere un vincolo senza termine a un giovane che vive tutto ”a termine”

ha relazioni di coppia che spesso non contemplano un vincolo permanente, che ha molte difficoltà ad avviare una vita autonoma dalla famiglia di origine proprio a causa di una perdurante condizione di provvisorietà, perché dovrebbe ritenere che per quanto riguarda il suo rapporto con Dio il vincolo sia senza termine?  È una prospettiva ormai al di fuori del suo orizzonte relazionale. 

Domande impegnative

Ma è pensabile per un cristiano intraprendere e condurre la propria esperienza di fede al di fuori di quella totalità che esige un Dio geloso come il nostro?  Possiamo accettare che si metta in conto fin dall’inizio che l’incontro con Gesù possa riguardare solo una -tappa della vita-?    

Se le cose stanno così, a questi “diversamente credenti” del secondo millennio cosa diciamo? Che la strada alla sequela di Cristo non fa per te, che il matrimonio sacramentale non fa per te, ecc. 

Forse è anche a domande come questa che sinodalmente dovremo provare a rispondere. 

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