Chi è il cristiano

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Chi è il cristiano

"la Scrittura letta, meditata, interiorizzata, pregata, ci aiuta a recuperare una nuova mentalità, un nuovo modo di pensare il mondo, l’uomo, Dio, e ci provoca a svegliarci dal nostro sonnambulismo de-responsabilizzato"

Nella metà del secolo scorso usciva un libretto di  H. Von Balthasar dal titolo “Chi è il cristiano?”

Una domanda per niente scontata, che anche oggi ci interpella.

“Io vorrei imparare a credere”

Anzi, riproporre la questione, è salutare.  Può essere il segno di una sana inquietudine, un sintomo di una maturazione umana, di chi non si accontenta di rassicuranti soluzioni, con il rischio di vivere la fede su un piano astratto staccato dalla realtà.

Lo stesso Bonhoeffer alla domanda: “Che cosa vogliamo fare della vita?” risponde: “Io vorrei imparare a credere”, perché la fede non è mai qualcosa di compiuto, ma è un processo, un cammino, a volte faticoso e oscuro all’interno di una scuola particolare dove ci riconosciamo sempre principianti e soprattutto che non termina con un diploma.

Comunque una scuola c’è.

Per noi significa formarci una coscienza critica in ascolto della Parola di Dio dentro le parole degli uomini, con le loro attese, i loro bisogni, le loro speranze, le gioie e le croci, le fatiche, le delusioni,  in cui tutti ci troviamo accomunati.

Significa abitare responsabilmente la terra col desiderio di capire il nostro tempo con l’occhio del sapiente e il cuore del profeta, alla luce della Scrittura, per comprendere, nel senso di cogliere, afferrandolo, il senso profondo delle cose.

“Leggere la Bibbia con la storia e leggere la storia con la Bibbia”

K. Barth sintetizza tutto questo con la nota espressione “leggere la Bibbia con la storia e leggere la storia con la Bibbia”. Perché la Scrittura letta, meditata, interiorizzata, pregata, ci aiuta a recuperare una nuova mentalità, un nuovo modo di pensare il mondo, l’uomo, Dio, e ci provoca a svegliarci dal nostro sonnambulismo de-responsabilizzato.

Il cristiano non abbraccia la religione dei sazi e dei soddisfatti, e neppure dei rassegnati

È in gioco la fede, in una continua conversione, che conduca alla radice, il vangelo di Cristo: misura di ogni azione per l’allievo cristiano, che a sua volta si impegna a diventare figura di salvezza per gli altri, dei più deboli, delle vittime della storia, attento a ciò che la società non vede o di cui non sa farsi carico. Perché il cristiano non abbraccia la religione dei sazi e dei soddisfatti, e neppure dei rassegnati, ma di coloro che, anche inconsapevolmente, hanno fame e sete di giustizia.

“Vivere Cristo” nel fazzoletto di creazione che ci è stato donato

E ancora, colui che frequenta la scuola di Cristo, è aperto a un orizzonte più ampio e già ora intravede “cieli nuovi e terra nuova”, perché vive il suo tempo, breve o lungo non conta, come Kairos, il tempo della grazia e del giudizio, il tempo che decide dell’eternità, in un futuro anticipato nella dimensione dell’amore ricevuto e donato.

Se è vero che l’amore è l’unico comandamento, quello che li riassume tutti, e che “l’amore non verrà mai meno” (1 Cor 13, 8), allora è vero anche che le opere dell’amore non conoscono la dissolvenza della morte, ma portano il segno dell’eternità.

Il valore supremo, l’essere-per-gli-altri, che si concretizza nella solidarietà e nella fraternità, ci consente di guardare lontano con speranza, per ricomporre la bellezza di quell’umanità che Gesù ha incarnato, e che così spesso infanghiamo.

Alla fine, questo è imparare diventare cristiani: “vivere Cristo” nel fazzoletto di creazione che ci è stato donato, dentro il “già” e il “non ancora”, alla presenza di Dio e alla presenza degli uomini in una unità inscindibile.

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