Il sogno di una comunità veramente fraterna

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I preti terribilmente soli. Pareri di laici/07
Si conclude con questo contributo il lungo confronto sui problemi dei preti visti dai laici. Ci siamo imbattuti in molta lucidità e in altrettanta capacità di capire. Pensiamo che sia un atteggiamento che dovrebbe ritrovarsi nel pensare tutti gli altri, molti problemi che toccano la Chiesa

Ho incontrato preti disorientati, spaventati…

Mi è capitato ultimamente di“perdere” un po’ del mio tempo a scambiare quattro chiacchiere con alcuni preti che conosco bene, forse attratta e preoccupata anche dai loro sguardi, mai visti prima così: alcuni disorientati, altri spaventati, altri ancora … umidi di lacrime. E, tirando troppo frettolosamente le conclusioni, mi sono detta che forse, finalmente, è arrivato il tempo della consapevolezza di una Chiesa affaticata, confusa, impaurita.

Mi sono impegnata a mettermi in ascolto delle loro fatiche

Ma poi ho pensato che stavo sbagliando. Essere frettolosa non era buona cosa nei loro confronti, forse era meglio mettermi intimamente in ascolto delle loro fatiche. I racconti emersi risuonavano più o meno così: …non trovo il tempo per fare il prete… mi ritrovo tutto, ma proprio tutto sulla mia scrivania problemi da risolvere e che non sono “da prete”… ho cercato di trovare qualcuno che mi capisse, ma anche chi mi ha ascoltato non ha capito niente… parlano di Chiesa in uscita ma le porte sono sempre chiuse, anche quando chiediamo aiuto noi… e così via.

Finalmente il prete torna a essere “persona”

Ritorno al mio “finalmente”. Finalmente anche il prete torna a essere “persona”, persona capace di emozionarsi, soffrire, piangere, sentirsi solo e con il coraggio di manifestarlo.

Siamo tutti battezzati con la stessa grazia ricevuta in egual misura e con la stessa benedizione

Per quanto tempo noi laici cosiddetti “impegnati” a vario titolo e con diverse responsabilità abbiamo considerato i nostri preti come figure intoccabili, da non contraddire? E di conseguenza anche figure a cui non è possibile togliere competenze e responsabilità. Eppure siamo tutti “battezzati e inviati”, certo, con carismi diversi ma pur sempre con gli stessi doni, pertanto con la stessa grazia ricevuta in egual misura e con la stessa benedizione.

Papa Francesco, nella sua immensa umanità e saggezza, il 18 febbraio 2023 consegnava questo messaggio ai partecipanti al Convegno dei presidenti e dei referenti delle Commissioni per il laicato in seno alle Conferenze episcopali:

I fedeli laici non sono “ospiti” nella Chiesa, sono a casa loro, perciò sono chiamati a prendersene cura»…

E io aggiungo, perché no, a prendersi cura anche dei loro preti. Come sarebbe bella una comunità che si prende cura reciprocamente, che sa manifestare le sue fragilità, che ha voglia di crescere proprio a partire dalle fragilità con uno sguardo amorevole.

Un sogno benedetto: crescere insieme alla luce del Vangelo

In Atti 2,42-47 si legge:

Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”.

È un testo scritto duemila anni fa, eppure tanto attuale e urgente che ha a che fare con il sogno di Dio per noi.
Mi piacerebbe che credessimo nel sogno, quel sogno che vuole benedire, che vuol dire dire bene di tutti, anche dei nostri preti, perché ciò che ci sta a cuore è crescere alla scuola del Vangelo.

Se noi laici adulti ci impegnassimo anche solo per lasciare il tempo ai preti di “essere preti”

Mi piacerebbe che nelle nostre parrocchie noi laici adulti ci impegnassimo anche solo per lasciare il tempo ai preti di “essere preti”.
Mi piacerebbe che anche la gerarchia ecclesiastica con coraggio manifestasse e accogliesse con carità la sua fragilità, la sua umanità, la sua normalità; sarebbe una Chiesa più prossima, spogliata, vicina, accolta, capita, vera, amata.

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