“Cent’anni fa, ore 7,15”. Così titola oggi l’Eco per ricordare il disastro del Gleno. Poi, per una pagina e mezza, la lista dei morti, 359, con l’età di ognuno e i doppi nomi. Eccellente idea, per “fare memoria” e strappare al tempo che se ne è andato un dramma che ha segnato tutta una valle, una provincia, un Paese.
Mi ricordo che mamma – era nata il 2 novembre del 1914 e quindi al momento del dramma aveva appena compiuto i nove anni – raccontava i suoi personali ricordi di quella tragedia. Di tutti quei ricordi me ne è rimasto uno soltanto. Si raccontava di un bambino che si era salvato perché dormiva in una culla che aveva galleggiato sulle acque. Una versione moderna della storia di Mosé (ho trovato il cenno in un articolo di mons. Spada: dunque è da pensare che la notizia è vera). Si raccontava anche che era stata composta una canzone che ricordava quel fatto straordinario.
Non mi sono mai impegnato a verificare la verità di quella storia. In ogni caso è una storia che sarebbe bella e commovente a prescindere. Un bambino si è salvato in mezzo a quel diluvio. E in mezzo al naufragio di tutti i ricordi solo quello – nel mio caso – si è salvato. Una specie di ostinata vittoria della vita su tanto strazio e tanta morte.
Ho letto su tutti i giornali l’affermazione del sultano Ahmed Al Jaber, presidente della Cop 28, che si riunisce, in questi giorni, a Dubai. Il sultano ha detto che “senza il petrolio si tornerebbe alle caverne”. Si sono registrate innumerevoli reazioni critiche, compresa la richiesta di dimissioni del sultano che presiede il Cop 28. Però, c’è un però. Mi domando se l’affermazione del sultano sia sbagliata. A me pare di no. I combustibili tradizionali restano indispensabili. Purtroppo. Quello che il molto parlare che si fa dimostra in maniera drammatica che gli aggiustamenti colossali richiesti domandano tempo, molto tempo. I grandi desideri dei grandi sognatori sono in buona parte destinati a essere frustrati. Si rischia di dire molto e di fare poco. E se si fa poco, le devastazioni del pianeta continueranno. Con un’aggravante: che molti penseranno di aver fatto solo perché hanno parlato.
Il monte del Signore e il Monte dei Paschi
Titolo del sito del Corriere, in rapporto alle vicende del Monte dei Paschi di Siena:
MPS E LA RESURREZIONE BANCARIA: CHI SALIRÀ SUL MONTE (CHE ORA VALE FINO A 5 MILIARDI).
Deformazione professionale. Mi è venuto in mente il salmo 24:
Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna,
chi non giura a danno del suo prossimo.
Magari, se anche i bancari, ma soprattutto i banchieri, avessero mani innocenti e cuore puro, non pronunziassero menzogna, non giurassero a danno del prossimo… Andremmo tutti molto meglio. Il fatto si è che il mondo dell’economia e della finanza appare il più estraneo agli altissimi ideali biblici. La bibbia non c’entra con quel mondo e viceversa.