Il processo a Trump interessa lui e interessa noi.
Alcuni inquietanti momenti della vicenda.
“Vizi privati, pubbliche virtù”: era un film degli anni ’70. Ora tutto è pubblico, anche i vizi
Il processo a Trump fa parlare. Per tanti mortivi: perché è lui, perché forse diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti, per quello che ha detto e per quello che ha fatto. Ecco, a proposito di quello che ha fatto, di alcune delle molte cose che ha fatto, si è parlato in questi giorni. Trump, come noto, è accusato di aver comprato il silenzio di Stormy Daniels, una pornostar con la quale aveva avuto una storia, versandole, alla vigilia delle elezioni del 2016, 130.000 euro per assicurarsi il suo silenzio. La somma venne versata inizialmente da Michael Cohen, allora giovane avvocato al servizio di Trump. Trump lo rimborsò successivamente facendo passare quella cifra come spesa legale.
E’ interessante, nelle notizie che si leggono, il racconto di quello che Cohen faceva e come lo faceva. Ha descritto durante il processo la sua completa sottomissione a Trump che chiamava “boss”, capo. “Trovava fantastico quell’impiego e anche la famiglia di Trump”, raccontano i giornali. L’avvocato ha scritto un libro – dal titolo volutamente provocatorio, Disloyal, Sleale – in cui dice: “Sapevo che quel che facevo era sbagliato, ma non riuscivo a fermarmi, non volevo. Provavo piacere a fare del male agli altri per servire Trump”.
Poi Cohen viene messo alle strette dalle autorità nel 2018, si sente abbandonato dal capo, viene messo in prigione per due anni. E decide di cantare. Ed è quello che sta facendo.
Tante considerazioni diventano possibili su questa storiaccia.
Intanto la verità nota che va e viene a seconda dei tempi e degli interessi. L’uomo politico è sempre pubblico. Anche quando è privato. E’ vero che esistono uomini politici che riescono a tenere nascosto volto e nome di mogli e figli. Ma non sempre la cosa funziona. Succede allora che moglie, figli, interessi personali, amanti diventano pubblici e pesano sul politico. Il carattere pubblico del privato dell’uomo politico è inevitabile, soprattutto se lui stesso si è dato da fare e poi soprattutto perché lui stesso ha deciso di andare in piazza e non può decidere di tirarsi indietro quando non gli fa più comodo.
E poi, i soldi. In fondo, se si fosse trattato solo di avventure sessuali, Trump se la sarebbe cavata. E’ vero che l’opinione pubblica americana è molto puritana, ma bastava un po’ di furbizia. I soldi, invece, passano di mano in mano e se sono legati a faccende di sesso rischiano di far passare di mano in mano anche il sesso.
Perfino i confessori del Re Sole, navigati gesuiti, sapevano che il re, incallito donnaiolo non si sarebbe messo a fare il monaco e si accontentavano che il re si mettesse in riga durante la quaresima. Poi, finita la quaresima, il re tornava alle sue inveterate abitudini e ricuperava rapidamente il “tempo perduto”. Ma questo non gli impediva di essere comunque il Re Sole. Anzi.
Perfino i confessori di casa nostra, i vecchi confessori di una volta, convinti certo che i disordini sessuali sono male ma che sono anche male inevitabile consigliavano: nisi caste saltem caute che, tradotto alla buona, si potrebbe enunciare così: “Se non ce la fai a essere casto, cerca almeno di essere furbo”. Trump non è casto, è questo è evidente. Ma non è stato neppure furbo, con tutto questo imbroglio a base di soldi. E questo lo costringe a fare i conti (è proprio il caso di dirlo) con guai giudiziari e politici.
Poi diventerà, forse, l’uomo politico più potente della terra. Ma resterà, probabilmente, donnaiolo e con una spiccata tendenza all’imbroglio. Noi non possiamo farci praticamente niente. L’unica consolazione che ci resta è di accorgercene.