
La pellicola è già stata recensita in queste pagine in forma non lusinghiera ed è veramente divisiva: c’è chi la accusa, ad esempio, di essere piena di banalità. “Avvenire” ne parla come di “un’ involontaria parodia”.
Nel mio piccolo, non sono d’accordo, e forse confermano il mio parere le ben 8 candidature agli Oscar e la conquista della statuetta per la migliore sceneggiatura.
Diretto da Edward Berger e basato sull’omonimo romanzo di Robert Harris, il film racconta la storia appunto di un conclave, dopo la morte improvvisa del Papa, durante il quale i cardinali elettori si ritrovano in un contesto segnato da ambizioni, intrighi e rivalità politiche.
La trama si concentra sul cardinal Lawrence, il decano, in continuo conflitto con se stesso per i suoi alti ideali, che cerca disperatamente di mantenere il controllo sull’elezione con abnegazione e spirito di servizio. Ma un certo gruppo di cardinali tesse trame strategiche e alleanze per spingere il proprio candidato al soglio pontificio. Interessi e intrecci nascosti dietro comportamenti impeccabili coprono chi ha cercato di corrompere, o chi nasconde un peccato di gioventù.
A questo punto, si inserisce la figura di suor Agnese (Isabella Rossellini), capo delle sorelle che si occupano umilmente di servire i cardinali, religiosa in un universo tutto maschile, attenta e silenziosa, ma con occhi, orecchie e cervello ben aperti. Smaschererà il peggior cardinale. La sua figura mostra a mio parere l’insostituibile ruolo della donna, in Vaticano e altrove.
Gli scrutini intanto si susseguono in un crescendo di tensione emotiva, rilevando le debolezze personali e le finalità politiche del conclave. Al centro, come nel periodo che stiamo vivendo, c’è la sopravvivenza stessa della Chiesa, debole, fragile e messa in grande discussione. Una Chiesa instabile, dunque, e i bei dialoghi del film ne sottolineano la profonda scissione tra autentica vocazione e volontà di vittoria.
La strategia è dunque rinnovarsi e aggiornarsi alla contemporaneità, appoggiando le istanze di donne, gay e immigrati, oppure arroccarsi al passato, difendendo le classi dominanti?
Nella nostra realtà, il conclave è comunque una sede blindata e segretissima, le cui dinamiche interne restano avvolte da un mistero assoluto, nel rispetto di una tradizione secolare che custodisce il momento dell’elezione papale come tempo di preghiera, riflessione e discernimento, sotto la guida dello Spirito Santo.
Nel film, invece, la macchina da presa si sofferma a lungo sui rituali liturgici, mentre il mondo di fuori irrompe con la violenza di un attacco terroristico, elemento questo che farà scattare il finale a sorpresa. Il più conservatore dei cardinali incolpa infatti l’Islam e minaccia una guerra di religione, a cui replica il card. latino-americano Benitez, ultimo arrivato, ordinato “in pectore”dal defunto pontefice per proteggerlo, in quanto in servizio in zone di guerra del Congo e in Iraq e ora arcivescovo di Kabul.
Lui ha visto cos’è la guerra, i suoi effetti devastanti specialmente su bambini e civili.
Il discorso di Benitez, accusato di banalità dai media nostrani contrari al film, mi ha fatto invece pensare alle esortazioni di pace di Papa Francesco, quando sostiene che l’odio non deve ingenerare altro odio e invita a operare con amore, non su presupposti politici, e a concentrarsi sul futuro, non già sul passato.
Proprio Benitez diventerà il nuovo Papa.
Con una… particolarità anatomica, come dopo l’elezione confesserà al decano: è un ermafrodita. Non l’ha mai saputo, fino a una banale operazione. Avrebbe potuto sottoporsi a un’isterectomia, ma all’ultimo momento ha deciso di lasciare le cose come ha voluto Dio. E chissà se questa sua duplice natura, maschile e femminile, non gli sarà d’aiuto nel compito gravoso che lo attende!
E qui ho pensato – mi sia concesso anche e soprattutto in nome della mia quasi totale ignoranza religiosa – alle parole di Papa Giovanni Paolo I: “Dio è Padre ma anche Madre di tutti noi”.
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Brotti