Dotti/In cerca di casa. Da ubriachi

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Beata speranza – Esce, in questi giorni, per le edizioni San Paolo
il bel libro a firma di Johnny Dotti e Chiara Nogarotto
“Generare luoghi di vita. Nuove forme dell’abitare”.
Pubblichiamo qui il passaggio di apertura del libro

Questo libro nasce dalle persone.

All’inizio, uno sguardo

Questo libro nasce dall’aver incrociato lo sguardo di desiderio di tante donne e tanti uomini. Il desiderio di un futuro diverso, fatto di un costante quanto impegnativo esserci l’uno per l’altro.

Ci siamo ogni volta stupiti della forza e della tenacia di quello sguardo.

Abbiamo chiamato le nostre case “alloggi” e “appartamenti”

Lo sguardo è quello di chi ha capito che l’uomo abita il mondo, non sta in un appartamento. Le abbiamo chiamate così, le nostre case: alloggi e appartamenti. Ne abbiamo fatto in questi ultimi cento anni persino un mercato speculativo, enorme.

È in questo modo che ci siamo separati, è in questo modo che ci siamo ritrovati soli.

Un signore anziano e ubriaco cerca la chiave di casa

Abbiamo fatto come quell’anziano signore che a una festa, per tanti motivi, si ubriaca. Quando la festa volge al termine, si incammina sbandando verso casa.

Una volta giunto sulla soglia d’ingresso, si accorge di non trovare più nelle sue tasche la chiave per aprire la porta. Il signore, anziano e un po’ ubriaco, torna quindi indietro e si mette a cercare la chiave sotto un lampione, vicino a casa. Rimane lì per diverse ore, intento nella ricerca. Dopo parecchio tempo, addirittura, il lampione si spegne, ma lui prosegue imperterrito a cercare la chiave lì sotto.

A un tratto, il signore viene notato da due giovani poliziotti di pattuglia, che si avvicinano domandandogli che cosa sia accaduto. « Ho perso la chiave di casa », asserisce l’anziano. Così, uno dei due gli chiede perché vada cercando la chiave proprio sotto il lampione, e la risposta convinta del signore è: «Perché qui c’è luce».

Dobbiamo cercare la chiave da un’altra parte

Come l’anziano, anche noi ci siamo ubriacati. Lo abbiamo fatto per almeno cent’anni: fuggendo da costrizioni sociali ataviche, abbiamo trasgredito e goduto della vita. E, come lui, anche noi immaginiamo di trovare la chiave sotto la luce del lampione, che negli anni abbiamo chiamato specializzazione, funzionalismo, efficientamento.

Con chi vogliamo vivere? Con chi vogliamo ridere? Con chi vogliamo piangere? Con chi vogliamo morire?

Oggi abbiamo una grande opportunità, perché con la pandemia questo lampione si è spento e il buio ci ha mostrato ciò che il riverbero della luce artificiale non ci permetteva di scorgere: il viso dei due giovani. Ora, dobbiamo farci accompagnare, fidandoci delle loro parole: « Forse, la chiave l’hai persa da un’altra parte ». Ammettiamo di essere ubriachi, di non potercela fare da soli. Usciamo dalla pretesa di avere la risposta, condividendo la domanda.

Con chi vogliamo vivere? Con chi vogliamo ridere? Con chi vogliamo piangere? Con chi vogliamo morire?

Un nuovo modo di abitare la vita, i luoghi, la casa: ecco che cosa è urgente e importante.

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