
Nell’accompagnamento spirituale dei giovani negli ultimi anni mi sono confrontato con una serie di persone che racchiudo nella fascia di età dai 27 ai 33 anni. È l’età che mi piace chiamare del “età del disincanto esistenziale”.
Con questo termine intendo quell’esperienza che quasi tutti vivono in quella fascia di età. Quello che si pensava negli anni precedenti circa il futuro della propria vita – affetti, lavoro, autonomia – non è andato come si sarebbe voluto e sperato. Quasi tutti hanno già alle spalle una relazione sentimentale finita più o meno male oppure che si prolunga senza entusiasmo.
Ma è anche l’esperienza di quanti hanno realizzato i propri obiettivi e si sono “sistemati bene”. Arrivati a questo punto, si accorgono che malgrado la “buona sistemazione” registrano un certo grado di insoddisfazione. Sentono la mancanza di pienezza che pensavano di sperimentare al raggiungimento degli obiettivi. Una “gioia” sempre rinviata al momento della realizzazione professionale e degli affetti… Eppure resta una gioia che sfugge dalle mani proprio quando sembrava di averla conquistata.
E’ una tappa che per certi aspetti può essere destabilizzante e difficile. Ma può essere anche molto ricca e trasformarsi in una grande opportunità. Può diventare l’occasione per un salto di qualità nella propria vita.
E’ allora l’opportunità per intraprendere una cammino di maggiore autenticità, per dare un senso più profondo e più convincente alla propria vita. Diventa possibile dare qualità a vari ambiti della vita che nel tempo si sono un po’ trascurati, quando si era alla ricerca di una sistemazione e di una stabilità lavorativa ed economica.
E’ una tappa in cui molte persone si “ricollocano”. Alcuni cambiano lavoro. Altri continuano lo stesso lavoro ma lo vivono con criteri, motivazioni e modalità nuove. Altri ancora rivedono vari altri ambiti della loro vita: da quello affettivo, alle relazioni, a quello della fede, del servizio, dello svago, ecc.
Direi che è una tappa “vocazionale”. “Vocazionale”, nel senso di riprendere in mano la vita e darle nuovo impulso e direzione. Per molti è a questo punto che ritornano ad una ricerca di fede più autentica e quindi a riprendere in mano la propria vita alla luce della rinnovata relazione con Dio.
Dicevo che però non è automatico. E molti in questa fase prendono scelte che avranno ripercussioni negative nel medio e lungo periodo. Ci vuole un accompagnamento specifico per le persone di questa fascia di età e/o in questa tappa della vita.
Io personalmente ho sperimentato negli ultimi anni un percorso che in base ai feedback mi sembra abbastanza efficace. Fatto di esercizi, riflessioni, domande da lasciare ai ragazzi coi i quali si confrontano. Fatto di brani biblici selezionati e funzionali a questo cammino. Fatto di imput che vengono anche dalla “psicologia dello sviluppo”, di testimonianze di vita, di acquisizione di strumenti di vita spirituale adatti per ascoltarsi, discernere e prendere buone decisioni.
Penso che una sfida bella della pastorale giovanile (e in generale) sia quella di declinare percorsi e proposte specifiche tenuto conto le “tappe esistenziali” della vita.
Questo è un piccolo esempio che si è rivelato fecondo come tante altre proposte per altre tappe della vita che tante realtà ecclesiali sperimentano.