Dal vangelo di Giovanni 8, 1-11
Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Pietro Stefani sottolinea come la scena del confronto fra Gesù, gli scribi e i farisei a proposito della donna adultera sia un masso erratico all’interno del Vangelo di Giovanni (8,1-11), sia dal punto di vista filologico (manca nei manoscritti più antichi), sia per i suoi contenuti. In quel tempo la competenza sulle condanne a morte era soltanto del tribunale supremo, il sinedrio, e l’esecuzione della sentenza capitale doveva passare al vaglio delle autorità romane. Ne abbiamo una conferma decisiva nel racconto del processo a Gesù.
E’ importante poi andare a verificare che cosa effettivamente prevedeva la Torah.
Levitico 20, 10:
Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte.
Deuteronomio 22, 22:
Quando un uomo verrà trovato a giacere con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l’uomo che è giaciuto con la donna e la donna. Così estirperai il male da Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato, e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male in mezzo a te.
Quindi la Torah prevedeva la lapidazione non solo per la donna, ma anche per l’uomo che ha commesso adulterio con quella donna. Se la donna è stata scoperta in flagrante adulterio (cfr Gv 8, 4), avrebbe dovuto essere portato in giudizio anche l’uomo, entrambi colpevoli meritavano la morte. Se Gesù fosse stato effettivamente sfidato sul piano legale, la sua risposta più immediata sarebbe stata probabilmente questa: «e dov’è l’uomo?».
L’interpretazione diffusa che mi è toccato ascoltare in tante omelie (a conferma della diffusa misoginia clericale che non mi sento di giustificare…) chiama in causa le responsabilità della seduzione della donna. Ma soprattutto si dimenticano molti passi biblici che presentano come adulterio l’infedeltà del popolo nei confronti del Signore!
Geremia 2, 20-23:
Già da lungo tempo tu hai spezzato il tuo giogo, rotto le tue catene, e hai detto: “Non voglio più servire!” Ma sopra ogni alto colle e sotto ogni albero verdeggiante ti sei buttata giù come una prostituta. Eppure, io ti avevo piantata come una nobile vigna, tutta del miglior ceppo; come mai ti sei trasformata in tralci degenerati di una vigna a me non familiare? Anche se ti lavassi con il nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una macchia davanti a me», dice il Signore, Dio. «Come puoi dire: “Non mi sono contaminata, non sono andata dietro ai Baali? Guarda i tuoi passi nella valle, riconosci quello che hai fatto, dromedaria leggera e vagabonda! …
Osea 2, 2- 14-16:
Contestate vostra madre, contestatela! perché lei non è più mia moglie, e io non sono più suo marito! Tolga dalla sua faccia le sue prostituzioni, e i suoi adulteri dal suo petto; altrimenti, io la spoglierò nuda, la metterò com’era nel giorno che nacque, la renderò simile a un deserto, la ridurrò come una terra arida e la farò morir di sete. Non avrò pietà dei suoi figli, perché sono figli di prostituzione; perché la loro madre si è prostituita; colei che li ha concepiti ha fatto cose vergognose, poiché ha detto: “Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane, la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande”.
Perciò, ecco, io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro, così che non troverà più i suoi sentieri. Correrà dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà; li cercherà, ma non li troverà. Allora dirà: “Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d’adesso”… «Perciò, ecco, io l’attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Di là le darò le sue vigne e la valle d’Acor come porta di speranza; là mi risponderà come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d’Egitto. Quel giorno avverrà», dice il Signore, «che tu mi chiamerai: “Marito mio!” e non mi chiamerai più: “Mio Baal!””
Il discorso va esteso quindi a tutte le forme di infedeltà commesse nei confronti di Dio (non è un caso che la scena sia ambientata nel tempio) e del prossimo. Succede che anche nel parlare comune si riferisca il detto proverbiale «chi è senza peccato scagli la prima pietra» a molte situazioni, certo non solo agli adulteri. Per affermare, dunque, che il discorso della colpa ha molti responsabili e che bisogna guardarsi da processi sommari e disinvolte criminalizzazioni. Bisogna piuttosto riflettere su se stessi e fare un onesto esame di coscienza. L’insegnamento dei Vangeli è chiarissimo:
Matteo 7, 14-15:
Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Luca 6, 41-42:
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Se guardiamo in profondità a noi stessi dobbiamo ammettere onestamente che non siamo nelle condizioni di giudicare gli altri!
Non penso però che l’intenzione del Vangelo sia quella di suggerire solo la constatazione che siamo tutti peccatori e che tanto varrebbe le passare a un’indulgenza generalizzata. E’ ben vero che nella stessa liturgia eucaristica si suggerisce l’opportunità di questa pratica perché al centro di questa preghiera, particolarmente importante nel periodo quaresimale, è la fede convinta nella infinitezza della misericordia del Signore. Tuttavia sono convinto che il senso della provocazione di Gesù non sia solo la fede nel Padre misericordioso. Per non essere nelle condizioni di scagliare la pietra bisogna assumere in prima persona la responsabilità del proprio peccato. Se Gesù non condanna, dice anche: «Va’ e da ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11).
Il detto «chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7) è circondato dall’insolito gesto di Gesù di scrivere per terra (Gv 8,6.8). In nessun’altra parte dei Vangeli si registra qualcosa di simile. Non si sa cosa abbia scritto. La Legge era incisa su pietra. Quanto è scritto per terra non è destinato a durare; l’acqua, il vento, il calpestio renderanno ben presto irriconoscibili quei tratti.
Il gesto di Gesù indica la revoca della condanna. Il peccato è cancellato. La terra subentra alla pietra. L’essere umano è Adam, da adamah, terra, suolo. «Perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere» dice il Salmista (Sal 103,14). Il perdono e la misericordia sono richiesti dalla stessa condizione umana. Ma Gesù, dopo aver steso la labile scritta destinata a venir cancellata, esprime un forte e duraturo appello alla responsabilità: «Va’ e da ora in poi non peccare più» (Gv 8,11).
Leggi anche i commenti delle domeniche precedenti.
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