Gesù si commuove. La sua solidarietà è anche partecipazione intensa alla sofferenza. Tocca il malato: è solidale fino a contrarre anche lui l’impurità del lebbroso, per poterlo poi liberare.
Bella immagine dei tanti gesti di vicinanza che abbiamo visto anche durante la lunga, dolorosa esperienza della pandemia che, ancora oggi, sembra faticare a chiudersi definitivamente. Anche la pandemia, infatti, è stata una dolorosa messa a distanza del malato: l’isolamento, la terapia intensiva, l’impossibilità di andargli vicino… Ci hanno commosso, allora, i gesti di coloro che ci hanno sostituito e ci hanno permesso di colmare la distanza che dovevamo tenere con i nostri cari ammalati. La nostra nostalgia della vicinanza perduta e la commozione di una vicinanza ricuperata grazie ai medici e agli infermieri ci dicono che quello è il mondo che ci piace: quando vediamo gli altri e gli altri vedono noi, quando ci lasciamo commuovere dal dolore dei fratelli.
La vicinanza, soprattutto se inattesa e non dovuta, ci commuove anche perché, molte volte, ci riesce difficile farne l’esperienza. Quanti uomini e donne del nostro tempo sono costretti a soffrire da soli e a morire da soli! Le esperienze più pesanti della vita le affrontano senza il conforto dei legami che le dovrebbero aiutare ad attraversarle. I grandi sofferenti sono, oggi, spesso, i moderni lebbrosi: non isolati perché lebbrosi come il personaggio del vangelo, ma il contrario: lebbrosi perché isolati.
La nostra presenza di discepoli del Regno dovrebbe portare, precisamente, un po’ del calore della vicinanza dove regna il rigore freddo della distanza. Quante volte ci tocca prendere atto di innumerevoli e futili “polemiche” là dove dovrebbe regnare l’aiuto, la comprensione, la vicinanza.
Ricordiamo, proprio a questo proposito, che la parola “polemico” deriva dal greco “pòlemikos” che significa “bellicoso”, “guerresco” e che, a sua volta, deriva da “polemos”, “guerra”.
Le nostre tante, piccole e focose guerre che portano lontananza dà dove dovrebbe regnare la vicinanza. La lebbra e le sue scomuniche non finiscono mai.