La pace non la si ottiene con la guerra. E chi vince tende a stravincere.
Chissà se qualcuno vorrà rischiare per primo un passo indietro verso la pace.
Papa Francesco e gli altri Papi di fronte alla “guerra giusta”
Solo se non avessimo contezza di come le guerre abbiano risolto i problemi di giustizia per i quali erano nate, e quale pace abbiano portato, potremmo forse irridere la posizione di papa Francesco.
Non occorre andare troppo lontano. Basta vedere come per liberare l’Afghanistan dalle infiltrazioni comuniste, con una sanguinosa guerra l’abbiamo finalmente buttato nelle braccia dei Talebani islamici. Per liberare l’Iraq dalla tirannide di Saddam Hussein e soprattutto per rivendicare la democrazia dell’Occidente messa da lui in pericolo (doveva avere un arsenale atomico di prim’ordine, come si era dato ad intendere!), abbiamo demolito l’unico Stato laico tra gli Stati fondamentalisti islamici ed ora esso è spaccato ed instabile e destabilizza ancor più quell’area turbolenta.
Afghanistan, Iraq, Libia
Per liberare il mondo occidentale dalla minaccia di Gheddafi, abbiamo ridotto la Libia ad un campo di bivacchi senza regole di bande rivali e in un luogo di destabilizzazione dell’Europa stessa, a causa delle emergenze migratorie che ne sono derivate.
E i Soloni che, in nome della guerra giusta, attaccano oggi papa Francesco sono sempre gli stessi che contrappongono le ragioni d’una giustizia da riparare alle ragioni della pace. E le ragioni della giustizia le determinano loro.
Si sappia che la guerra giusta è di sua natura un mezzo imperfetto per la pace, perché la pace, come diceva già S. Agostino, si costruisce solo con la pace, cioè con strumenti di pace. Perciò la stessa guerra giusta è un ripiego storico e, per essere giusta, ha bisogno di tante condizioni e della verifica della sua possibilità storica. Si deve sapere infatti che il concetto di “guerra giusta” è stato elaborato per rendere difficile la guerra, e invece viene normalmente utilizzato dalla dura cervice dell’umanità, anche dei cristiani, per renderla fattibile e, perfino a volte, santa.
La morale cattolica aveva elaborato cinque condizioni per giustificare una guerra. 1. Una autorità legittima che la proclami e che la decida in accordo col popolo. 2. Una giusta causa, cioè che essa intenda ripristinare una giustizia violata. 3. Una retta intenzione, cioè che la guerra sia fatta solo in vista della pace non per altre ragioni collaterali di conquista o di rivalsa o di arricchimento (traffico di armi, ad es.). 4. Una debita proporzione, cioè la guerra non deve mai causare mali maggiori di quelli che intende rimediare. 5. Una extrema ratio, cioè devono essere previamente esperiti tutti i tentativi per evitarla.
Chi sa mantenere la giusta proporzione dato che la guerra si sente esentata da regole?
Come si vede, sono condizioni rigorose e ci chiediamo se siano state e sono tutte prese in considerazione da quanti (specie militesenti o, peggio, mercanti d’armi) vogliono che altri scendano in campo a guerreggiare fino alla vittoria. Chi interpella i popoli, visto che nessun referendum è mai proponibile per la guerra? Chi sa mantenere la giusta proporzione dato che la guerra si sente esentata da regole? Sono più gli sforzi che si fanno per evitarla o le opportunità che si offrono a quelli che vogliono perpetuarla?
La vittoria guerreggiata raramente crea pace perché, come diceva Edith Stein, la giustizia abbandona sempre il campo del vincitore. Lo porta a stravincere; e storicamente ha creato condizioni di frustrazione e senso di rivincita che hanno perpetuato nel tempo la catena perversa di guerra-pace-guerra-…
Lo sanno bene i Papi dell’età contemporanea che, tutti, della più diversa impostazione antropologica e teologica, hanno condannato la guerra. Ed hanno perfino, con papa Giovanni, eliminato la stessa categoria di guerra giusta. Sia in quanto irrealizzabile sia in quanto irrazionale, perché la forza distruttiva delle armi attuali rende per sua natura sproporzionata ogni guerra, mettendo in pericolo il cosmo e la storia di tutti. Perciò ogni ragione d’una parte deve cedere di fronte alle ragioni di tutti.
Pensare oggi che in Ucraina la pace sia raggiungibile con la vittoria bellica è cosa astratta o addirittura folle
Pensare oggi che in Ucraina la pace sia raggiungibile con la vittoria bellica è cosa astratta o addirittura folle. Ritenere infatti che l’Ucraina e le forze occidentali con essa sconfiggano la Russia significa immaginare una soluzione atomica distruttiva delle une e dell’altra. Ma anche Putin, se immagina una pace raggiunta sulla base di una vittoria militare, non farà altro che ricreare una situazione di cronica instabilità nell’area e di odio tra i due Paesi che renderà anche al vincitore difficile una vita serena.
Allora forze spirituali esterne devono intervenire a offrire ai due contendenti ragioni di fermarsi senza essere umiliati. Interpretando le ragioni dei popoli più che dei capi. Prima che le autorità esterne si logorino tutte e si rendano inutilizzabili allo scopo della pacificazione, perché troppo schierate, sarà opportuno che si facciano passi graduali di desistenza (altro che invio di nuove armi!) chiedendo desistenza ad entrambe le forze in campo. Che ci siano quindi forze esterne che si dichiarino amiche di entrambi i popoli, Invocherò anche qui la sapienza di S. Agostino: Permane amicus amborum. Qui discordabant inter se, concordent per te, “Resta amico di tutt’e due. Quelli che erano in discordia tra di loro, trovino accordo per mezzo di te”. Non è neutralità, cioè una equidistanza, ma una equi-vicinanza verso ciascuna delle due (altro che armamenti e sanzioni!).
Ma non ci sarà nessuno che rischia per primo la pace?
Gesti graduali di distensione devono e possono essere compiuti e forse ne sono persuasi anche quei politici che soggiacciono troppo spesso al clima delle campagne elettorali interne. Quei gesti possono essere anche unilaterali. Non ci sarà nessuno che rischia per primo la pace? Sarà comunque sempre meno rischioso che morire di guerra; e magari si potrà dare inizio ad un virtuoso contagio di pace tra popoli. Non è questo il sogno di papa Francesco? Che se non avverrà per amore, ci sarà una pace per forza, ma sarà la pace dei sepolcri, non dei viventi.
Quando nell’ottobre del 1962 si sfiorò la guerra nucleare perché il presidente degli USA, John Kennedy, schierò la flotta per arrestare le navi sovietiche che portavano i missili nucleari da istallare a Cuba, il Presidente sovietico Kruscev fece rientrare le sue navi per evitare lo scontro fatale. Si parlò di un intervento miracoloso di papa Giovanni. In ogni caso nessuno accusò la desistenza di Kruscev come un gesto di debolezza militare o di codardia, ma di responsabilità morale. E da quel gesto di desistenza cominciò un lungo periodo di distensione. Dalla pace nasceva la pace.
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