quando l’Italia, lacerata della guerra, cercava una nuova coscienza
Sono pezzi di stracci di iuta lisi e sfrangiati, consunti dal logoramento; incorniciati, esposti allo sguardo di chi cerca bellezza, sono elevati alla dignità di ricerca di verità, proposti come arte.
Rammendi, a volte accurati a volte approssimati, riescono a mala pena a coprire il fondo lasciando a vista buchi di colore o di buio.
Alberto Burri nasce nel 1915 a Città di Castello; si laurea in medicina nel 1940 e si arruola come ufficiale medico. Viene catturato in Africa nel 1943 e recluso nel campo di concentramento di Hereford in Texas. Liberato mel 1946, torna in Italia e decide di abbandonare la professione medica e di dedicarsi alla pittura.
Il “quadro” è realizzato con materia di scarto: pezzi di sacco, brandelli di iuta sporchi, colla, gesso, spaghi.
In genere la pittura impiega i colori per rappresentare figure e cose; qui avviene un rovesciamento: sono gli oggetti a simulare la pittura e i pezzi di sacco articolano toni, variazioni cromatiche e spazi
Non è la pittura a fingere la realtà ma la realtà a fingere la pittura
(Giulio Carlo Argan).
La materia rimane quello che è; non allude, non rimanda, non evoca; passerà dall’infimo al sommo grado di valore solo quando, forse, qualche sguardo troverà significati.
Sacchi
Hanno lungamente viaggiato, ripetutamente usati nel tempo per trasportare farina, granaglie, riso, legna, carbone, cibo, energia e tanto altro: cioè vita.
Sono i primi anni cinquanta e in Italia, povera, affamata – si potrebbe dire stracciona – arrivano i sacchi con le derrate alimentari del piano Marshall. I sacchi intrisi di passato diventano pagine del diario delle difficoltà di un’epoca, speranza di futuro.
Iuta
Il saio di san Francesco è fatto con tela di sacco e Alberto Burri cresce lungo i percorsi del cammino di San Francesco. Il saio racconta povertà, ascesi, penitenza, serafica follia.
Giunture
La trama ortogonale della iuta incrociandosi in un ordine compositivo realizza una nuova maniera di dipingere con soffusi accostamenti cromatici.
Rammendi, rappezzi e suture
Restituiscono forza ad una trama sfinita, immagini di sobrio recupero, di paziente conciliazione.
Buchi e squarci
Tra il sacco e il fondo è in atto un contrasto di forze che ha provocato antiche lacerazioni e nuovi strappi: buchi come perforazioni per ispezionare il profondo; squarci come violente emersioni di forze rimosse. Talvolta emerge dell’oro.
Alberto Burri titola i suoi quadri con numeri, nomi della materia che utilizza, nomi di colore; si è sempre rifiutato di spiegare il suo lavoro; ripeterà: “Ci sono i miei quadri e parlano per me”.
Fausto Melotti, scultore, disse del collega: ”Nessun argomento saprà mai dirci una ragione persuasiva della metamorfosi che subiscono i sacchi di Burri”.
Allora il messaggio è affidato allo sguardo.
Pieghe e contorcimenti della materia evocano dolore, lotta, vita, morte, tempo inesorabile.
Rammendi e rattoppi ricordano abiti pazientemente recuperati; diventano immagine di tessuti organici dolenti, di piaghe e cicatrici, di materia violentata.
I sacchi, oltre ogni retorica, danno voce alle sofferenze, raccontano il male nel tempo lungo, ma anche la sollecitudine di chi nel tempo breve “rammenda”, recupera, esplora cercare nuova bellezza nella “fatica di esistere”.
Sacchi scartati, corpi infimi e tribolati, sono il minima che alludere al tutto.
Osvaldo Roncelli