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La natura, gli uomini, la Chiesa tutto è diventato complesso

"Guardo le mie api: non sanno che cosa fare"

Il detto, il luogo comune dice: la primavera fatica a sbocciare.
La complessità del tempo presente smentisce anche questo proverbio, questo luogo comune.
Anche la natura, la creazione attorno a me si è fatta complessa, come è complesso il mondo.

Forse possiamo coniare un nuovo proverbio: la società è complessa, di conseguenza anche la natura è complessa. Pensavo che la natura rimanesse intatta, immacolata nel suo percorso annuale. Ed invece no, proprio perché tutto è legato, tutto è globale, anche la natura si è fatta complessa.

La natura è diventata complicata. La guerra è senza tempi

Papa Francesco parla di ecologia integrale. Se guardo la complessità del mio piccolo spazio di Rosciano riesco a fare una serie di considerazioni sulla storia attuale del mondo e della chiesa. La prima cosa che intravedo è questa.

Si passa dal caldo al freddo, non in maniera lineare come succedeva fino qualche a qualche anno fa. Oggi un giorno è caldo, un giorno è freddo, un giorno fiorisce il prato perché fa caldo, il giorno dopo non sai bene se piantare perché fa freddo.

E così è il nostro mondo. Penso alla guerra. Nella parola sacra vi era la stagione della guerra poi ci si fermava, si scrive così: quando i re scendevano in guerra; nella parola sacra si sapeva dove la guerra finiva: voglio conquistare Gerusalemme e poi si torna a casa con il bottino. Oggi chi sa fare previsioni sul futuro di questa guerra?

La campagna, il lavoro… e perfino la Chiesa hanno perso la bussola

Gli antichi conoscevano le stagioni e sapevano creare calendari meravigliosi per sapere cosa fare e come fare a coltivare la terra. Oggi chi si azzarda a creare un calendario per le coltivazioni? L’unica cosa sicura sono le fasi della luna, che poi saltano anche quelle perché fa caldo, fa freddo.

Così è anche del mondo: chi riesce a seguire l’andamento del lavoro in maniera lineare, chi nella scuola riesce a seguire programmi in maniera lineare?

E nella chiesa? Mi pare che la complessità e la non linearità della pastorale è evidente. Non sto dicendo che servono strutture rigide, sempre uguali a sé stesse. Sto dicendo che, come nel mio orto io ho perso la bussola e non so che cosa fare di giusto, così sembra che stia succedendo nel mondo e nella chiesa, abbiamo come perso la bussola, l ’orientamento. È così grande la complessità che facciamo fatica a reggerla.

Anche le api non sanno cosa fare e a noi interessa solo il loro miele

Guardo le mie api: non sanno che cosa fare. Escono in esplorazione ma tornano senza niente, perché non ci sono fioriture sufficienti. Poi quando comincia a fiorire l’acacia, incomincia a piovere e le povere api tornano dalle loro ispezioni ancora a mani vuote.

La gente mi chiede come lavorano le api. Intuisco che la loro richiesta non è legata a cercare di capire come stanno le api, ma al fatto che vogliono il miele. Tanto è vero che la seconda domanda è: ma quando posso comprare il miele. Siamo sempre lì: non guardiamo alla cura del creato, ma al profitto che ci ricaviamo.

Ritengo che questa idea del profitto gestito male sia una delle cause della nostra complessità. Forse per uscire da questa complessità dobbiamo pensare al profitto non come accaparramento di beni, ma come ricerca del bene comune. Scrivo queste cose conscio della mia ignoranza in materia. Comunque sono profondamente convinto che parte di questa complessità è legata al profitto usato male.

Guardo il mio orto, le mie api e mi rendo conto che questa complessità della stagione primaverile rende tutti un po’ più confusi e arrabbiati. Sì, le api sono arrabbiate perché lavorano male. Metafora della vita quotidiana che ci rende confusi e arrabbiati per la complessità del mondo.

E allora, che fare?

Non conosco grandi ricette. So che devo prendermi cura ogni giorno delle mie api e del mio orto, con delicatezza e dolcezza.

So che di questo mondo complesso, di tutte le sue creature, devo prendermi cura con delicatezza e dolcezza, quasi come in un atto contemplativo.

Che sia questo l’imperativo categorico del tempo moderno: prendersi cura con delicatezza e dolcezza dell’uomo e del creato?

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sull’inverno
sull’autunno
 

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