Riunione di un gruppo di gente, di diversa provenienza, impegnata nell’”accoglienza diffusa” degli immigrati. Questione di volontariato, ma non solo, questione politica. La riunione fa toccare con mano che l’immigrazione deve incontrare la politica, infatti.
Tra i molti problemi discussi ce n’è uno: quando gli immigrati ricevono il “no” definitivo all’accoglienza, che fine fanno? Escono dal progetto, non ricevono più le sovvenzioni dello Stato, vanno a ingrossare l’esercito dei clandestini. E la comunità che li ha accolti, dopo aver faticato a favorire la loro integrazione, dopo aver costruito legami, si trova ad aver lavorato invano: il lavoro fatto si vanifica dall’oggi al domani.
A questo punto la riunione che doveva essere un confronto sulle esperienze in atto diventa un tribunale che accusa la politica di leggi inadeguate, di rigidità incomprensibili, di insensibilità al problema immigrati…
E ci si accorge, in effetti, che l’immigrazione deve, deve per forza, incontrare la politica.
Nel gruppo, però, uno che comunque condivide quelle critiche, fa un’obiezione. “Ma come, noi cattolici ci siamo specializzati nel darla addosso alla politica, abbiamo dato basi teologiche al populismo con i nostri attacchi alla ‘casta’. Lo stiamo facendo anche in questo momento, tra l’altro. Poi, mentre facciamo il nostro volontariato, alternativa buona alla politica cattiva, ci accorgiamo che senza una buona politica non si riesce neppure a fare bene lo stesso volontariato, almeno questo volontariato, così complicato e così necessario.
Non sarebbe meglio, conclude il contestatore dei contestatori, contribuire come cattolici a una buona politica, anche per poter fare un buon volontariato?”.
Domanda santa, ma senza risposta. È rimasta senza risposta in quella riunione e, per quanto è dato sapere, anche in molti altri ambiti della Chiesa di oggi. Perché la risposta non è il dire qualcosa difronte a una domanda ma la costruzione di una “linea”, di un modo di fare diverso. Che non c’è e che, c’è da temerlo, non ci sarà.
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[…] Incontrando storie e volti, infatti, non solo si restituisce unicità a persone troppo spesso considerate in gruppo come “i migranti”, ma si scopre anche che l’altro, infondo, non è poi così diverso da me. E forse allora sarà possibile considerarlo, con le parole di papa Francesco, mio prossimo, cioè mio vicino. Approfondisci i temi nel nostro articolo “Immigrazione e politica“. […]