Analisi del voto in Lombardia

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I numeri assoluti fotografano gli spostamenti degli elettori.
I partiti in crisi e la Regione Lombardia ingessata.
Il contributo di Cominelli viene pubblicato anche dal periodico Araberara

Una premessa si rende necessaria, ai fini di una lettura veritiera dei risultati elettorali: contano i numeri assoluti, non le percentuali. Queste ultime servono al dibattito politico per rivendicare vittorie esagerate o per mascherare brucianti sconfitte. Così, nella propaganda post-elettorale, i “vincitori” preferiscono guardare alle percentuali, gli sconfitti ai numeri assoluti. 

Fontana ha perso 1.774.477 voti rispetto alla elezioni del 2018

Ci limitiamo qui ai numeri che riguardano i candidati-Presidente, senza addentrarci nelle cifre dei consensi di partito.

Nel 2018 il Presidente Fontana ottenne 2.793.369 voti. Nel 2023 ne ha ottenuti 1.774.477. Ha perso per strada in cinque anni 1 milione e 18.892 voti. Il PD nel 2018 presentò Gori, che portò a casa 1.633.373. Il M5S ne aveva presi da solo 974.993, candidato Violi. Nel 2023, in alleanza con il M5S, Majorino conquista 1.101.417di voti. Rispetto al 2018 il PD ne perde 531.956; ma l’alleanza attuale con il M5S ne perde 1 milione e 506.949.

In termini di seggi regionali, dal 2018 al 2023: FDI aveva 3 seggi, ne conquista 22. Il PD ne aveva 18, oggi sono 20. Forza Italia ne aveva 14, oggi ne ha 6. La Lega ne aveva 29, oggi scende a 20. Il M5S ne aveva 13, scende a 3.

Dove sono finiti i 2 milioni e mezzo di voti perduti dagli opposti schieramenti? Si sono sciolti nell’alta marea dell’astensione, salita al 58,3%. Ma il fatto è che, in base ai numeri, vincitori di queste elezioni 2023 sono gli astenuti. Il consenso al Presidente eletto è più esile. Su 7.882.634 di elettori aventi diritto, Fontana ne intercetta solo 1.774.477. A nome di chi parla e governa un Presidente eletto con questi numeri?

Converrà dunque guardare dentro la voragine che si è aperta sotto i partiti e sotto l’istituzione che governano.  

Il sistema dei partiti è in crisi. La voragine degli astenuti

Quale rapporto tra i cittadini e l’istituzione regionale ha generato questo risultato? Va osservato, in primo luogo, che il rapporto con le istituzioni è intermediato, in Italia più che altrove in Europa, dal sistema partitico. Ciò si deve a ragioni storiche, che rimandano all’8 settembre 1943, al ruolo statuale dei partiti, alla Costituzione del 1948. I partiti, più che le istituzioni dello Stato politico, sono considerati la vera istituzione. La loro crisi culturale e morale si riverbera, fatalmente, sulle istituzioni, dentro le quali svolgono una funzione di rappresentanza e di governo. Se i partiti sono poco credibili, le istituzioni continuano a svettare, come le Piramidi, nel deserto della politica, ma perdono legittimazione. E poiché alle istituzioni ci si rapporta con il voto, il cittadino che dalla propria riva individuale del fiume vuole passare all’altra, quella delle istituzioni, si trova ad usare il traghetto dei partiti. E se lo trova sempre meno affidabile, decide di stare fermo di qua. Sulle cause che hanno ridotto i partiti a gusci culturalmente vuoti, ma gonfi di volontà di potenza, sono stati scritti volumi e centinaia di articoli da anni. A quelli qui si rinvia. 

Esiste, però, una causa più prossima e più specifica. Conta molto, ai fini del giudizio elettorale, come i partiti “usano” le istituzioni di tutti. Che cosa è accaduto all’istituzione-Regione in Lombardia in questi anni?  Come è stata gestita l’istituzione?

La Regione Lombardia è sempre più burocratica

La Regione Lombardia si è trasformata sempre di più da Ente legislativo e di programmazione in Ente amministrativo. Ha preso il posto delle Province, ridotte dalla riforma Renzi a Enti elettivi di secondo grado. La nuova struttura burocratica regionale si è ingigantita, è diventata costosa e inefficiente, a tal punto che Roberto Formigoni fu “costretto” a creare una filiera burocratico-decisionale parallela, dipendente direttamente dal “Governatore”, per by-passare quella ordinaria, lenta e inefficiente. I rapporti con i Comuni sono diventati clientelari. Nell’ultimo anno una pioggia di micro-finanziamenti ha investito i Comuni per le opere più diverse e improbabili, certamente non strategiche: nuovi lampioni, nuove facciate, qualche frana, qualche parco… Le grandi questioni: la Sanità, la Formazione professionale, la viabilità mostrano crepe sempre più larghe. Molti elettori, il 58,3%, si sono arresi. E’ accaduto soprattutto a sinistra. In attesa di indagini più puntuali, a naso si vede che l’astensionismo è prevalentemente di sinistra, frutto di previsione di sconfitta certa, di rassegnazione e di stordimento da nuovo “oppio del popolo”, che oggi si chiama Sanremo. Milioni davanti agli schermi, pochi alle urne. Perciò nei due schieramenti si è recata alle urne solo una minoranza di elettori ideologizzati.

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