Sta per iniziare la Quaresima.
Spunti a partire da “Sternbild” di Anselm Kiefer.
don Giuseppe Sala è prete e pittore. Vive a Redona.
Francesco Parimbelli è pittore. Vive a Bergamo Alta
Soffiato e formato dalla terra, Adamo giace sotto un cielo popolato di stelle; galleggiano nell’aria come piccole luci, piovono sopra di lui come petali luminosi nella notte scura.
Forse quest’uomo è senza vita, oppure dorme e sogna. E ricorda lo stupore dell’infanzia, la timorosa meraviglia davanti ai cieli stellati e all’immensità del cosmo, la paura e l’incanto, la vastità dell’universo, la nostra piccolezza attraversata dalla coscienza. Ricorda la promessa antica, fatta all’uomo, di una vita moltiplicata, innumerevole come le stelle, eterna.
Questo mondo in cui viaggiamo e questo cielo infinito e insondabile sono muti e silenziosi oppure la nostra storia, che appare così fragile, è abitata da una Parola che la precede e l’accompagna, parola di vita, di dolcezza e speranza?
Scegliamo quest’opera di Anselm Kiefer (Sternbild-Costellazione, 1996) per parlare del Mercoledì delle Ceneri, che inizia l’itinerario di Quaresima.
Nella sua ricerca molto elaborata e tormentata, l’artista tedesco ha indagato la storia e il mito con un discorso severo, aspro, lontano dalla vacua leggerezza o da un certo algido concettualismo di parte dell’arte contemporanea.
Utilizzando i materiali più disparati (piombo, sabbia, argilla, cera, paglia…) egli affronta temi relativi alla storia universale, alle religioni, agli eroi e miti tedeschi e nordici, alle civiltà e culture orientali, alla tragedia degli Ebrei, soffermandosi spesso anche sui temi biblici.
Nessun colore squillante emerge dal bagno di acidi che sembra intaccare, nelle sue opere, la solidità della memoria e del mondo. Sono visionarie evocazioni, mappe celesti costellate di nomi e numeri, ampie architetture di mattoni consumati, composizioni d’abiti femminili e di vesti fluttuanti a richiamare la condizione della donna e gli angeli delle scritture. L’artista ci offre immagini corrose di inaccessibili e improbabili cosmogonie, desolati paesaggi, strane congiunzioni di atomi e sillabe.
Un territorio artistico apparentemente lontano da dimensioni personali e affetti privati, in realtà capace, come in quest’opera, di instaurare un dialogo tra cielo e terra, tra dimensione creaturale e trascendenza.
Queste due formule pronunciate nel rito delle Ceneri, stanno necessariamente insieme: la cenere sul capo, gesto di estrema e decisiva serietà, compiuto addirittura davanti alla morte, può essere sostenuto solo ascoltando, insieme, l’annuncio della Pasqua, il passaggio di Gesù che invita e porta con sé ogni uomo.
È iniziata così la sua predicazione: “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. Gesù annuncia la prossimità e la cura di Dio per ogni uomo, figlio di Adamo, fatto di terra e assoggettato al tempo, e lo invita a fidarsi, a raccogliere la sua vita dispersa riorientandola sul Vangelo, quella via aperta davanti a noi, illuminata dalla luce pasquale.
Solo parole, certo, senza la conversione personale di ciascuno. Impossibile delegare ad altri quella “penitenza” che significa semplicemente entrare nella verità della vita, scelta di libertà e di affidamento, quotidiano esercizio di trasfigurazione e discernimento, trascritto nelle sempre nuove esperienze che la vita propone. E ancora: compito umano faticoso, segreto, discreto, pieno di tentativi e di sbagli, e anche di sorprese, di bellezza e di gioia. Un colloquio silenzioso, con il Signore e con la vita.
Per il cristiano un cammino battesimale guidato dalla parola e dal sacramento, dall’accresciuta attenzione agli altri; una traiettoria in cui si gioca la nostra fede e speranza di resurrezione. Insieme a Gesù, anche di fronte alla compagnia della morte.
La costruzione umile, quotidiana, della nostra umanità è un’avventura spirituale: ascoltare e accogliere in noi l’umanità di Dio che viene, significa vivere i nostri incontri sentendoli già toccati dalla resurrezione, e ci aiuta a vincere la paura del viaggio sconosciuto, quando chiuderemo gli occhi addormentandoci sopra la terra.