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La mostra di Bill Viola, a Milano.
Il divorzio fra arte e sacro, oggi.
Sorprendenti possibilità nella immagini mosse dell’artista americano

Le chiese moderne, quasi tutte brutte

Che tutte le chiese di recente costruzione risultino brutte, è solo un luogo comune. Che il rapporto tra le fede cristiana e l’arte si sia pericolosamente allentato, è invece innegabile: pericolosamente, perché l’esito quasi inevitabile di questa tendenza è che i fedeli cercheranno altrove, al di fuori dei luoghi preposti al culto, qualcosa davvero capace di parlare alla loro sensibilità, al cuore, all’immaginazione.

O forse, converrà arrendersi, riconoscendo che aveva ragione Hegel quando, due secoli fa, già dichiarava che l’arte non avrebbe più intrattenuto un dialogo vivo con l’esperienza religiosa? (Nell’epoca presente – egli affermava – «per quanto possiamo trovare eccellenti le immagini degli dèi greci, e vedere degnamente e perfettamente raffigurati il Padreterno, Cristo, Maria, tuttavia questo non basta più a farci inginocchiare»)

La slow motion di Bill Viola

Noi non sapremmo dire se le videoinstallazioni di Bill Viola (New York, 1951) si possano raccogliere sotto il concetto-ombrello dell’«arte sacra»: ci sembra però che queste immagini in movimento inducano lo spettatore a sostare, a emozionarsi, ad andare con il pensiero a temi e questioni propri della dimensione religiosa (il fenomeno della nascita, le promesse che la vita porta con sé, il nostro comune destino di morte e ciò che potrebbe attenderci al di là di questa soglia).

Chi volesse mettere alla prova questo nostro giudizio potrà visitare la mostra in programma fino al 25 giugno a Milano, a Palazzo Reale, organizzata in collaborazione con la società Arthemisia e con il Bill Viola Studio (informazioni sugli orari e sul costo dei biglietti cliccando qui). «La fascinazione di Bill per il mondo del video – racconta la moglie Kira Perov, co-curatrice del catalogo – risale al 1960, quando fu nominato “capitano della squadra TV” in una scuola elementare del Queens, a New York, e gli fu assegnato il compito di spostare un televisore su un carrello da un’aula all’altra per le lezioni dei bambini. Rimase affascinato dal bagliore blu del monitor: aveva solo nove anni».

Molto tempo dopo, egli ebbe modo di lavorare a Firenze come direttore tecnico, nello studio di produzione art/tapes/22: proprio l’osservazione diretta delle opere di pittori rinascimentali e manieristi gli suggerì la possibilità di replicare creativamente questi capolavori, in video nei quali le posture dei personaggi, i loro capelli mossi dal vento, le pieghe delle vesti fossero mostrati in slow motion.

Il Pontormo (1494-1557) “rivisto”

Tra i lavori esposti a Milano, per esempio, vi è il celebre The Greeting, in cui tre donne dei giorni nostri, in abiti estivi, rimettono in scena la Visitazione di Pontormo, con l’incontro gioioso tra Elisabetta e Maria («Ero andato in una libreria – raccontò Viola al riguardo -, cercavo un libro, non ricordo più quale. Mentre stavo uscendo vidi con la coda dell’occhio un volume appoggiato sul bancone: un nuovo testo su Pontormo. Sulla copertina era riprodotta la Visitazione, mi colpirono i colori. Di quel quadro non sapevo niente, ma non potevo smettere di guardarlo. Ho comprato il libro e l’ho portato a casa»). 

The Greeting

I morti attraversano il muro d’acqua

Ocean Withouth a Shore, invece, fu presentato per la prima volta nel 2007, a Venezia, nella chiesetta di San Gallo: su tre schermi, disposti come pale d’altare, appaiono le immagini dapprima lattiginose, poi sempre più definite e colorate di persone che a un dato punto attraversano un muro d’acqua; una volta giunti in primo piano costoro – che intuiamo essere dei defunti – rivolgono uno sguardo sorpreso a noi, i vivi, prima di congedarsi e scomparire nuovamente in lontananza, al di là della cortina liquida. Il titolo dell’installazione rimanda a una sentenza di Ibn Arabi, mistico e poeta musulmano vissuto tra il XII e il XIII secolo: «Il sé è un oceano senza rive. Guardarlo non ha inizio né fine, in questo mondo e nell’altro».

Ocean Without a Shore

L’acqua sale verso l’alto: impressionante “ascensione”

In Tristan’s Ascension (The Sound of a Mountain Under a Waterfall) vediamo inizialmente, in un ambiente buio, una salma che giace su un letto di pietra; poco dopo inizia a piovere, ma le gocce d’acqua – accompagnate dal rumore di uno scroscio potente – tendono paradossalmente a salire verso l’alto, mentre anche il corpo dell’uomo si solleva, come fosse portato in cielo da esse. 

Tristan’s Ascension (The Sound of a Mountain Under a Waterfall)

A quanto si sa, Bill Viola non si riconosce in una particolare confessione di fede: come fonti di ispirazione per i suoi lavori si sente libero di attingere a diverse tradizioni, dal sufismo alla mistica cristiana, al buddhismo zen, senza però banalizzarli o ibridarli goffamente (secondo lo stile di un «marketing spirituale» che oggigiorno pare andare per la maggiore). Forse proprio artisti come lui – capaci di guardare da outsider alle antiche formule e riti religiosi – potrebbero contribuire a liberarli dall’ipoteca del «già visto», rendendoli di nuovo eloquenti?

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