Un altro prete ha “lasciato”: Considerazioni

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La notizia è arrivata in questi giorni.
Un parroco, ultracinquantenne, responsabile di diverse piccole parrocchie, ha “lasciato” le sue parrocchie.

A tutt’oggi la notizia ha tracimato su diversi organi di informazione. Si tratta di don Lorenzo Micheli, parroco di Fonteno, Solto Collina, Zorzino, Esmate, Riva di Solto. La notizia è stata data pubblicamente alle comunità interessate già una settimana fa. Più che indagare sui particolari della storia, serve, invece partire dalla notizia e cercare di capire.

Prete, celibato, sessualità

Intanto, il motivo. “Per motivi personali”. Supponiamo che questo significhi problema affettivi. E’ un motivo ricorrente.

In effetti, è banale ricordare che sia il prete omosessuale, sia quello eterosessuale sono impegnati a vivere bene la propria sessualità. E viverla bene, per un celibe, vuol dire tenere a bada le proprie pulsioni sessuali mantenendo, nello stesso tempo, un buon equilibrio personale. 

Quando siamo diventati preti, la nostra sessualità non è stata abolita. Resta. Il compito importante è orientarla, darle sbocchi costruttivi, positivi: sublimarla

Mi ricordo come se ne parlava, nei bei tempi passati, quando ero insegnante in seminario, con quel gran maestro di tutti noi che era don Sergio Colombo. Avevamo elaborato insieme una elementare forma di saggezza. Ci ripetevamo che la parola cruciale per noi celibi era quella che ci metteva a disposizione la psicanalisi: sublimazione. In parole povere. Quando siamo diventati preti, la nostra affettività e la nostra sessualità non è stata abolita. Resta, con tutta la sua forza. Il compito importante è orientarla, darle sbocchi costruttivi, positivi: sublimarla, appunto. Se un prete ha impegni stressanti e poche soddisfazioni, contrasti e scontri a non finire, è probabile che il cavallo vitale che si porta appresso si sbizzarrisca e chieda il conto. E allora sono guai. I guai, a quel punto, per il prete, ma guai anche l’altro o l’altra persona coinvolta, e guai pesanti per la comunità. E sono sofferenze per tutti. Si capisce in quel caso, drammaticamente, come una persona pubblica che gode di molti legami, soffre e fa soffrire molto di più quando quei legami si spezzano o vengono, in qualche modo, messi in discussione. 

Sono considerazioni del tutto astratte, me ne rendo conto. Non posso sapere, infatti, se e come interessino il prete di cui si parla. Ma è possibile che interessino lui e non solo lui. 

I pochi preti, i molti impegni, il molto stress

Un particolare, comunque, vale la pena di mettere in rilievo. Il prete in questione era parroco di cinque parrocchie. Aveva degli aiuti, evidentemente, ma la responsabilità delle parrocchie era sua. Il problema che mi pongo è questo. La diocesi di Bergamo ha quasi 390 parrocchie, la maggior parte di esse ha meno di 1000 abitanti. Da sempre abituate ad avere il “loro” prete, si adattano male alla situazione di un solo prete con molte parrocchie.

Non basta mettere insieme diverse parrocchie e buttarle addosso a un solo prete. Bisogna camminare decisamente verso un altro modo di fare il prete e di vivere la parrocchia

E il prete, da parte sua, per non deludere le molte parrocchie, deve correre continuamente per soddisfare le molte esigenze delle molte parrocchie: le messe, l’amministrazione, le feste, gli oratori, i giovani, gli anziani, i malati… Alcune piccole parrocchie danno più lavoro, spesso, di una sola grossa parrocchia. 

Insomma, anche questo “caso” ci ricorda che è urgente passare a gestioni sempre più laicali, con responsabilità il più possibile condivise e delegate… Il prete non può e non deve neppure fare tutto. Non basta mettere insieme diverse parrocchie e buttarle addosso a un solo prete. Bisogna camminare decisamente verso un altro modo di fare il prete e di vivere la parrocchia. Altrimenti le parrocchie saranno sempre più deluse e i sempre più pochi preti saranno sempre più occupati, sempre più stressati, sempre più a rischio. Con quali esiti, dolorosi e drammatici, per le parrocchie e per i preti, è facile da immaginare.  

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