Il celibato e la castità del prete vanno insieme. Nella storia è arrivato prima l’invito alla castità (da vivere da parte dei sacerdoti anche nel matrimonio) e solo dopo il celibato. E comunque per un sacerdote, oggi, nella chiesa d’occidente, celibato e castità si identificano. Sappiamo che la castità è soprattutto un atteggiamento del cuore che dovrebbe far parte di tutte le relazioni mature. Ma qui parliamo di castità sessuale.
La mia esperienza è che molti sacerdoti non scelgano ma subiscano. Persone che con generosità vogliono donare la vita per far conoscere il Signore, servire la comunità, annunciare il Vangelo e per far questo… devono farsi carico anche del celibato/castità. Nello slancio iniziale autenticamente generoso hanno pensato di poterla raggiungere con il proprio impegno e abnegazione. Ma la realtà si dimostra più difficile.
La teoria è che la Chiesa cattolica ordina persone le quali, tra le varie caratteristiche, abbiano già dimostrato di vivere positivamente la castità. La realtà non è così. E bisogna dirlo. Spesso è subita come parte di un pacchetto che bisogna prendere tutto insieme.
E se non è scelta e soprattutto se non è un dono (“carisma”, si usa dire) di Dio e neppure particolarmente desiderata e invocata, alla lunga provoca molti, diversi problemi.
Sono numerosi i sacerdoti che hanno storie, avventure, relazioni segrete, con le molte sofferenze che ne derivano. Altri hanno modalità di compensazione malsane: eccesso di cibo o di sport, hobby vari. Talvolta si arriva a fenomeni di pornografia, oppure a un attaccamento eccessivo ad opere, o a situazioni, o a persone. Talvolta si arriva a situazioni di personalità complesse e problematiche.
La mia esperienza è un percorso di verità, autenticità, maturazione affettiva avviene molto più facilmente vivendo una relazione esigente di coppia. E’ un confronto profondo in una relazione d’amore che non esiste nella vita del sacerdote e del religioso. E all’interno di una relazione d’amore vivere la tenerezza e la passione fisica genera molto più ordine e armonia nella persona. Alla fine questa armonia è più positiva di tanti esercizi e ascetismi nella vita di un sacerdote che non ha scelto e non ha il dono della castità.
Certo l’immaturità affettiva e la fragilità psicologica-affettiva non è riducibile solo alla vita single del sacerdote ma è un aspetto che attraversa tutta la società. E’ vero. Questo rimanda al fatto che c’è una trasformazione antropologica, sociologica, psicologica rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto, di cui tutti risentiamo. E questo ha inciso su come le persone vivono ed esprimono la propria affettività. Pensiamo come le generazioni precedenti erano parche di gesti d’affetto e quanto erano abituate a vivere mettendo tra parentesi la propria affettività.
Il celibato e la castità del sacerdote. Binomio “necessario. Ma nel sacerdote che non ha il dono della castità e la “subisce” quel binomio necessario genera più problemi che in altre fasce della società.
Ho conosciuto anche sacerdoti che non fanno fatica a vivere il celibato e la castità. Ma sono particolarmente spenti anche in tutto il resto. Poca intraprendeza, poca passione e poca capacità di coinvolgimento… Non danno problemi riguardo al celebato… Ma non credo siano questi i sacerdoti di cui ha bisogno la comunità.
Inoltre, a motivo della struttura clericale della comunità cristiana, quando un prete ha questi problemi, è tutta la comunità che ne risente in modo eccessivo. Sempre a motivo del clericalismo purtroppo in tante diocesi, pur di compensare la diminuzione dei preti, si ammettono al sacerdozio persone che fanno problema sul versante della loro maturità affettiva.
La castità e il celibato sono sicuramente un dono che tanti sacerdoti e religiosi vivono al meglio e sono un dono per tutta la comunità capaci di generare tanto bene per le persone. Io ne conosco moltissimi che li vivono così e ne ho una profonda stima.
Ma, anche a motivo delle trasformazioni di cui sopra, non posso fare a meno di constatare come sono sempre di più quelli che invece li vivono in modo problematico e talvolta perfino deviato o patologico.
Molti motivi teologici, amministrativi, gestionali, nei secoli precedenti, hanno consigliato alla Chiesa cattolica di ordinare sacerdoti solo quelli che promettono celibato e castità. Penso che oggi non siano più né sostenibili né capaci di mantenere nel tempo la totalità dei preti in questa scelta.
In conclusione, credo che sia giunto il tempo di abolire questo obbligo e penso che si possa svolgere il servizio sacerdotale per la comunità in una Chiesa non clericale anche da sposati.
5 Comments
Caro don Cavallini,
ho letto con interesse i suoi articoli sul tema del celibato e i relativi commenti.
Vorrei chiedere alcuni chiarimenti che mi possano aiutare a comprendere meglio il tema (confesso di non avere una mia opinione precisa sull’argomento).
Lei sostiene che: “Molti motivi teologici, amministrativi, gestionali, nei secoli precedenti, hanno consigliato alla Chiesa cattolica di ordinare sacerdoti solo quelli che promettono celibato e castità. Penso che oggi non siano più né sostenibili né capaci di mantenere nel tempo la totalità dei preti in questa scelta.” Immagino che , almeno per la storia recente, si riferisca sostanzialmente alla Enciclica di Paolo VI Sacerdotalis Caelibatus del 1967. Le chiedo quindi quali sono a suo avviso questi motivi che oggi risulterebbero superati ed eventualmente quali rimarrebbero validi.
Una seconda domanda è la seguente. L’istituzione del diaconato uxorio dopo il Concilio non dovrebbe costituire una valida alternativa per quei giovani che intendono offrire generosamente la propria vita al Signore pur nella pienezza di una vita familiare?
La ringrazio e le faccio tanti auguri e approfitto per fare i complimenti per la vs. bella iniziativa
Condivido in pieno la posizione e penso che vada approfondita nella Chiesa non solo come male minore per evitarne altri, ma come un dono importante da sviluppare nella Chiesa oggi a fianco del celibato e della vita comune per chi ha questi doni…
Articolo che mi lascia totalmente basita , da un gesuita poi… Se un sacerdote non riesce a sostenere la castità e il sacerdozio come parte fondante della sua vocazione e dono di sé all’unico sposo, Gesù Cristo, allora abbia il coraggio di lasciare l’abito e servire la Chiesa in altra maniera. Le comunità hanno bisogno di vocazioni autentiche, non di preti ammogliati.
Certo la carne è debole, ma lo Spirito è forte, padre Cavallini. Forse qui viene dimenticato questo fondamentale aspetto.
Ringrazio Dio per i meravigliosi sacerdoti che incontro ovunque che testimoniano ogni giorno la bellezza della castità e del celibato nel loro ministero e aiutano i giovani a comprendere la grandezza di questo immenso dono.
Perché di questo si tratta, un Dono, non un limite.
Articolo molto interessante e soprattutto sincero ed onesto.
Sono medico psicoterapeuta e non posso che confermare quanto scritto da Padre Cavallini: ognuno di noi ha una diversa inclinazione. C’è chi riesce per dono e predisposizione a fare della castità un piacere, e chi invece no. Come saggiamente diceva Sant’Agostino: non possiamo vivere senza piaceri, dunque c’è il rischio che si sviluppino compensazioni con deviazioni patologiche (dipendenza dal cibo, dagli hobby, dallo sport, etc).
Credo inoltre che abolire il celibato permetterà di avere sacerdoti maturi affettivamente all’interno della società, che possano guidare, tramite un esempio concreto, anche i laici nella crescita affettiva e relazionale necessaria per la costruzione delle famiglie cristiane.
Da più di 20 anni vado sostenendo che andava abolito questo obbligo.
Già farlo oggi sarebbe ritardo quasi incolmabile e siccome non si farà oggi e non so se e quando mai si farà…
Il mondo dell’ ultimo secolo corre nettamente più veloce di quanto avvenisse prima e probabilmente più si va avanti più correrà veloce.
La mia impressione è che la Chiesa non sta per niente al passo coi tempi e arranca, in verità senza nemmeno cercare molto di rincorrere e mettersi al passo.